i GRECI, i ROMANI e il TEMPO INDICE
Storia dell'astronomia greca | Vai al testo |
Storia dell'astronomia romana | Vai al testo |
La misura del tempo in epoca romana | Vai al testo |
La gnomonica in Grecia | Vai al testo |
Il calendario della Grecia antica | Vai al testo |
TESTO
Storia
dell'astronomia greca
Parlare di astronomia presso gli antichi Greci vuol dire percorrere alcune delle tappe fondamentali di questa scienza, soprattutto nella costruzione della struttura dell'Universo. Da Talete a Pitagora, da Eudosso ad Ipparco, ecco solo alcuni dei nomi dei più famosi "astronomi" di quel tempo. I primi fondamenti astronomici greci pare debbano essere fatti risalire al 600 a.C. quando Talete di Mileto, a capo della "scuola ionica", insegnava sulla sfericità della Terra, sul fatto che la Luna è visibile solo poichè riflette i raggi solari, affermando anche che le stelle del cielo erano fatte di "fuoco". Della scuola ionica fece parte anche Anassimandro, che, completando gli studi del predecessore, fu il primo a fare delle osservazioni celesti utilizzando strumenti come lo gnomone (pare da lui stesso inventato). Intorno al V secolo a.C., nel centro della cultura mondiale di quel tempo, per mano di Pitagora, nasce e si sviluppa la omonima scuola alla quale si attribuiscono le prime idee sui moti, di rotazione e di rivoluzione, della Terra. Un passo importante che pone il nostro pianeta fra i corpi celesti (pianeti) anche se ancora al centro dell'Universo. Di questa scuola era Filolao, che verso la fine V secolo a.C., ipotizza una prima struttura dell'Universo, con un fuoco centrale, ed i pianeti, Sole compreso, ruotanti intorno ad esso. Un sistema quello di Filolao, che resisterà fino a che non verrà sostituito dalle nuove concezioni aristoteliche. Nel frattempo, però, fra il 429 ed il 347 a.C., appare una figura che lascerà una notevole traccia del suo passaggio: Platone. Tra le allusioni astronomiche ritrovate nei suoi scritti, che sono più che altro a carattere mistico-poetico, si possono ad esempio, rintracciare i primi accenni a epicicli e deferenti, ai moti della Luna e dei pianeti ed alla materia che componeva le stelle. Ecco come il grande filosofo descrive, nel "Timeo", l'Universo: "...ed Egli (Dio) lo fece tondo e sferico, in modo che vi fosse sempre la medesima distanza fra il centro ed estremità....e gli assegnò un movimento, proprio della sua forma, quello dei sette moti. Dunque fece che esso girasse uniformemente, circolarmente , senza mutare mai di luogo....;e così stabilì questo spazio celeste rotondo e moventesi in rotondo". Quello di Platone era dunque un sistema geocentrico, a sfere concentriche, che fu in seguito perfezionato da Eudosso e a cui Aristotele, per altro suo discepolo e amico, attingerà in gran parte. Fu proprio Eudosso da Cnido (409-356 a.C.) che per primo tentò di risolvere, da valente geometra quale era, in modo meccanico il problema dei movimenti irregolari (stazioni e retrogradazioni) dei pianeti. Per tentare di dare risposta alle sue teorie, egli si recò a studiare addirittura in Egitto dove i sacerdoti custodivano una innumerevole serie di cronache su antiche osservazioni celesti. Riuscì nel suo intento, dotando il sistema planetario di una serie di sfere motrici (in tutto 27) le quali contenevano i poli delle sfere dei pianeti, in modo che quest'ultimi potessero muoversi nel cielo indipendentemente gli uni dagli altri e tracciare nel cielo le traiettorie da noi osservate e solo apparentemente irregolari. Il sistema di universo costruito da Eudosso da Cnido e perfezionato da Callippo qualche anno più tardi con l'aggiunta di alcune sfere per Mercurio, Venere, Marte e per la Luna ed il Sole, diede lo spunto al grande Aristotele di parlare di astronomia. Egli, infatti, a dispetto degli anni (quasi 1800) in cui le sue teorie resteranno valide per tutti o quasi, non è da considerare un vero e proprio "astronomo". Aristotele aveva diviso il cosmo in due parti: la prima perfetta e incorruttibile, quella oltre alla Luna, costituita da sfere concentriche ove erano incastonati i pianeti e le stelle; l'altra, sublunare, costituita dal mondo caotico e corruttibile, formata da quattro sfere (Terra, Acqua, Aria e Fuoco) in cui l'ordine era solo una tendenza per ogni cosa. Al di là della più esterna di queste sfere concentriche, quelle delle stelle fisse, Aristotele collocava il "motore" di tutto l'Universo che trasmetteva il moto con una serie di sfere di collegamento per un totale di 55. Un sistema questo geocentrico ed incorruttibile, che resisterà per ben 18 secoli, fino cioè alla teoria copernicana. Prima di Copernico, altri avevano già tentato di ipotizzare un Universo costruito con un sistema eliocentrico, mettendo così la Terra a ruotare intorno al Sole e ponendola quindi fra i pianeti. Fra questi, degni di nota, troviamo Aristarco ed Eraclide facenti parte della scuola alessandrina, che avevano teorizzato non solo un sistema eliocentrico, ma avevano trovato spiegazione al fenomeno delle stagioni, attribuendolo alla diversa inclinazione dell'asse della Terra rispetto allo Zodiaco e quindi rispetto al piano dell'eclittica. Pare inoltre, che avessero già idea della natura stellare del Sole e della distanza infinitamente grande delle stelle. Un altro "astronomo" della scuola alessandrina degno di nota fu Eratostene, il primo a tentare di calcolare la grandezza della Terra con metodo scientifico, osservando la posizione del Sole nel cielo a diverse latitudini. Famoso rimane l'esperimento compiuto in un giorno di solstizio d'estate, quando misurò la distanza del Sole dallo Zenit dalla città di Alessandria. Sapendo che Syene (la moderna Assuan), in quello stesso istante il Sole era esattamente allo Zenit e conoscendo esattamente la distanza delle due città, riuscì, col calcolo, a trovare la lunghezza del meridiano che le congiungeva, visto che Syene ed Alessandria si trovano quasi alla stessa longitudine. Il valore che ne ricavò fu 250'000 stadi equivalenti a quasi 40'000 chilometri, molto vicino al valore reale. (1 stadio = da 179 a 213 mt) Il primo vero e proprio astronomo di quel periodo fu però Ipparco di Nicea (194-120 a.C.), scopritore della precessione degli equinozi. Confrontando le sue osservazioni con quelle dei suoi predecessori egli scoprì degli spostamenti di lieve entità che potevano essere rilevati solo con osservazioni fatte a distanza di molto tempo le une dalle altre e che espose nella sua celebre opera "Spostamenti dei punti dei solstizi e degli equinozi". Di notevole importanza anche il suo "Nuovo catalogo stellare" ove erano catalogate oltre 1000 stelle, con le coordinate corrette per la precessione e suddivise in sei classi (grandezze) a seconda della loro luminosità. Ipparco fu spinto alla compilazione di questo catalogo dall'apparizione di una "stella nuova" nel 134 a.C. per meglio valutare eventuali nuove apparizioni. Le osservazioni astronomiche fatte da Ipparco allo scopo di determinare l'entità della precessione, lo portarono a determinare anche le lievi differenze fra anno siderale (misurato col transito delle stelle al meridiano) ed anno tropico (misurato col passaggio del Sole nel punto equinoziale di primavera). Per quel che riguarda i pianeti, Ipparco, cercò di determinare, con la maggiore precisione possibile, i loro tempi di rivoluzione, senza peraltro costruire un vero e proprio sistema. Negli anni che seguirono la morte di Ipparco non vi è da registrare alcun progresso di una certa rilevanza nelle scienze astronomiche, né nomi di una certa rilevanza. Per ritrovare persone interessate alla materia bisogna arrivare a Tolomeo (circa 150 d.C.). Claudio Tolomeo, nato ad Alessandria d'Egitto, fu l'ultimo rappresentante dell'antica astronomia greca. Visse nel II secolo d.C. e, secondo la tradizione, svolse la sua attività di astronomo nei pressi della sua città natale. Il merito principale di Tolomeo fu quello di aver raccolto tutto lo scibile astronomico, qual'era ai suoi tempi, dopo i grandi progressi dovuti ad Ipparco, e, coordinato ed arricchito con le sue esperienze, di averlo esposto nella sua opera principale, l'Almagesto. Il titolo originale di quest'opera, che è rimasta come testo fondamentale astronomico fino a tutto il medio evo, era "Grande composizione" che tradotto in arabo fa "Al Magistri", da cui il titolo a noi conosciuto "Almagesto". In esso Tolomeo aveva esposto un sistema del mondo, noto come sistema tolemaico anche se non si trattava completamente di farina del suo sacco, che poneva la Terra al centro dell'universo ed i pianeti, compresi il Sole e la Luna, ruotanti intorno ad essa col sistema degli epicicli e dei deferenti. In questo sistema Tolomeo negava anche la rotazione della Terra intorno al proprio asse, essendo il movimento diurno proprio della sfera celeste. Nell'Almagesto, prima di avere a che fare col suddetto sistema, a dimostrare la compiutezza dell'opera, il lettore si viene a trovare davanti a dei capitoli che trattano di coordinate celesti, di trigonometria piana e sferica, di dimensioni della Terra, di eclissi di Sole e di Luna, di strumenti di osservazione e, a completamento, di un catalogo completo delle posizioni di ben 1022 stelle. L'Amagesto di Tolomeo, venne definito, per parecchi secoli come "il Libro" dell'astronomia. Questo perché i metodi matematici e geometrici di cui Tolomeo si serve nella sua opera lo fecero preferire alle opere simili di quel tempo. Inoltre, per la sua completezza, ebbe una rapida ed ampia diffusione. L'Almagesto fu tradotto infatti una prima volta in latino da Boetius (traduzione mai giunta a noi). Più importante invece la traduzione in arabo, per ordine del califfo Al Manum nell'827 d.C., traduzione che si diffuse in Europa e che fu ritradotta in latino, assai prima che si scoprisse l'originale in greco (1438), a Napoli nel 1230. Per tornare al sistema costruito da Tolomeo ed esposto negli ultimi cinque libri, o capitoli, dell'Almagesto, bisogna riconoscere che si tratta di un sistema piuttosto complesso, che però risponde con una buona approssimazione alle posizioni dedotte col calcolo matematico. Le irregolarità dei moti dei pianeti, del Sole e della Luna erano facilmente spiegabili mettendo la Terra non esattamente al centro delle orbite planetarie, ma leggermente decentrata. Era in tal modo evidente che a questo fatto era possibile anche attribuire la diversa velocità del Sole nel cielo e soprattutto, l'alternarsi delle stagioni. Di questo sistema Dante Alighieri fece l'impalcatura de "La divina commedia" Ma non solo. Esso continuò ad essere insegnato nelle scuole del tempo anche dopo le innovazioni di Copernico, Keplero e Galileo fin quasi ai primi del settecento. Oltre all'Almagesto è doveroso, per completare il curriculum delle opere di Tolomeo dedicate all'astronomia, citare anzitutto l'"Ottica" (di cui rimane solo una traduzione latina eseguita da tale ammiraglio siciliano Eugenio), il "Planisfero" e il "Tetrabiblo", opera in cui è esaltato il valore assoluto dell'astronomia, in confronto a quello dell'astrologia. Celebre è anche la sua "Geografia" che fino all'epoca delle grandi scoperte geografiche rimase la fonte principale di questa disciplina. Con Tolomeo finisce la storia dell'astronomia greca fatta di poche osservazioni, ma arricchita dalla matematica e dalla geometria che assumeranno una sempre maggiore importanza nell'aiutare questa scienza a progredire ed a perfezionarsi.
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Storia
dell'astronomia romana
La maggior parte degli studiosi è concorde nel sostenere che i Romani ebbero un ruolo molto limitato nella storia dell' astronomia antica: essi non apportarono nulla di nuovo in questo campo e le poche cose che conoscevano a riguardo erano state tramandate dai Greci. E' emblematico il fatto che soltanto due costellazioni furono battezzate dai Romani: il Thronus Caesaris, attestato da Plinio il Vecchio, che ne fissa l’individuazione in età augustea, e la più famosa Antinoo, dal nome del giovinetto amato da Adriano. Inoltre non si manifestò mai a Roma una cultura astronomica autonoma e non si scorge in ambito latino la figura di un astronomo professionista o di uno scienziato che si occupi esclusivamente di tematiche celesti. Se effettivamente i Romani non hanno dimostrato una particolare originalità in questo campo, ciò, tuttavia, non vuol dire che furono totalmente indifferenti a queste tematiche; numerose, anzi, sono le digressioni astronomiche presenti nelle opere letterarie e le opere dedicate a questo tema. Sebbene sia esistito un rapporto tra i Romani ed il cielo prima dell' avvento della civiltà greca, è tuttavia dalla Grecia che derivano le opere che costituiscono le fonti principali della conoscenza astronomica dei Romani. La più importante, ed anche la più tradotta ed imitata fu un adattamento versificato di un trattato astronomico di Eudosso di Cnido: i FAINOMENA di Arato. Questa opera fu tradotta da Cicerone, Ovidio, Germanico, Avieno, venne tenuta presente da Igino, Vitruvio, Manilio e presa in considerazione da molti altri letterati. L'opera di Arato ben si addiceva allo spirito pragmatico della cultura latina: il suo scopo preciso, infatti, era quello di aiutare, attraverso la conoscenza del cielo, i contadini ed i naviganti. Ecco la spiegazione della sua enorme e sorprendente fortuna presso i Romani. Altra opera che esercitò una durevole influenza sulla cultura astronomica latina fu la raccolta di catasterismi attribuita ad Eratostene di Cirene. L' opera, che rientra nell' ambito della letteratura eziologica, è una sorta di enciclopedia che raccoglie tutti i miti che hanno dato origine al nome delle costellazioni, e si occupa, quindi, del tema del catasterismo, termine connesso con il verbo greco katasteriazw (colloco tra le stelle). Molti gli autori latini che avevano ben presente l' opera di Eratostene: Nigidio Figulo, Igino, Ovidio ed anche Germanico ed Avieno, traduttori latini dell' opera di Arato. La tematica del catasterismo venne utilizzata a Roma soprattutto per scopi politico-ideologici, a partire dalla metà del I secolo d.C. Tale sviluppo è documentato dalla grande fioritura, in questo periodo, di scritti di astronomia e dalla presenza, in opere non direttamente connesse allo studio del cielo, di numerosi riferimenti a questa disciplina.In un' epoca di così rilevante "espansionismo astrologico", si assiste, secondo una caratteristica tipica dei Romani, ad un' utilizzazione in chiave politica delle "cose del cielo". E' però con l' instaurazione del principato che le tematiche astronomiche e astrologiche, ed in particolar modo l' uso politico del catasterismo, assumono particolare importanza. Infatti l' apoteosi del principe tende a configurarsi anche come divinizzazione astrale. Astronomia e astrologia nelle opere latine Per una rassegna di autori ed opere latine che si occupano di tematiche celesti, è necessario partire dal III secolo a.C., prendendo in considerazione Plauto. Nel prologo di una delle sue numerose commedie, Rudens 1-5, egli affida l' esposizione dell' antefatto ad una stella: Arturo. E' chiaro che se Plauto mise in scena una stella, il suo pubblico era in grado di comprenderne il significato. In un' altra commedia di Plauto, Amphitruo 271-276, sono presenti altri riferimenti di carattere astronomico, relativi alla descrizione della notte d’amore - che si prolunga nel tempo con gli astri che interrompono il loro corso - di Giove, trasformato in Anfitrione, con Alcmena. Quasi contemporaneo di Plauto fu Ennio (239-169 a.C.), autore degli Annales. In Ennio, per la verità, vi sono pochi riferimenti agli astri, ma ciò è dovuto principalmente allo stato frammentario in cui ci è giunta la sua opera. Il solo cenno interessante alle tematiche celesti, presente negli Annales, è la descrizione di un' eclisse di sole, importante soprattutto perchè testimonia il fatto che Ennio seguì molto da vicino, nella composizione della sua opera, gli Annales Pontificum. Ruolo determinante in questo campo, invece, spetta a Cicerone, che compone tra l' 89 e l' 86 a.C. gli Aratea, traduzione dei fainovmena di Arato. E' proprio a partire da questo trattato del giovane autore di Arpino che numerosi termini astronomici cominceranno a trovare posto nell' ambito della lingua letteraria latina. Nel corso della sua lunga e folgorante carriera, Cicerone avrà sempre presente queste tematiche celesti su cui tornerà anche in opere successive: nel Somnium Scipionis, nella traduzione del Timeo di Platone e nel De divinatione, dove attaccherà l' astrologia. Attorno alla metà del I secolo a.C. è da collocare il De Rerum Natura di Lucrezio. Per la tematica che stiamo trattando è interessante l' excursus astronomico presente nel V libro di questo poema didascalico, in cui Lucrezio espone le ipotesi cosmologiche degli Epicurei. Nello stesso periodo è da citare Catullo: nel ciclo dei suoi Carmina docta è compreso anche un componimento, il carme 66, che è un omaggio al poeta principe dell' alessandrinismo, Callimaco. Si tratta della traduzione in versi latini di un' elegia famosa del poeta greco, che pare occupasse la parte finale del IV libro degli Aitia, nota come Chioma di Berenice. Questa vicenda rappresenta, in età ellenistica, l' esempio meglio conosciuto di catasterismo elaborato con finalità ideologiche. Citiamo ancora, tra i vari autori, Nigidio Figulo, che scrisse una Sphaera Graecanica e una Sphaera Barbarica, relative rispettivamente alla descrizione delle costellazioni greche e di quelle egiziane e forse babilonesi; quindi Giulio Cesare, cui fu attribuita un' opera astronomica, il de astris, strettamente connessa alla riforma del calendario. Molti riferimenti alle tematiche astronomiche sono presenti nelle opere di Varrone: ricordiamo il de re rustica, opera di agricoltura, ma con immancabile riferimento agli astri per la presenza di un calendario con fasi stellari; i disciplinarum libri in cui si interessa a numerosi aspetti della scienza celeste. Sempre a Varrone fu attribuita la composizione di un’opera intitolata Ephemeris navalis, dedicata a Pompeo in partenza per la Spagna per combattere Serorio, in cui, probabilmente, si occupava di orientamento attraverso le stelle. Con l' inizio dell' età augustea si apre un secolo aureo di autori e di opere con riferimenti astronomici. Lo stesso Augusto utilizzava i temi celesti per fini propagandistici; l' imperatore Tiberio venne definito da Svetonio addictus mathematicae, dove il termine mathematica è un prestito diretto dal greco e individua specificamente l' astrologia. Sotto il regno di Augusto emerge la personalità di Virgilio: numerosi sono i riferimenti a queste tematiche nelle sue opere, soprattutto nelle georgiche. Sappiamo che Virgilio, per le tematiche celesti, si rifece in modo particolare ad Arato, del quale ripropone nella sezione astro-meteorologica delle georgiche numerosi dati tratto dai Prognostica. Arato, come abbiamo già detto, influenzò molti autori latini: oltre al già citato Cicerone, ricordiamo, nell' epoca fra Augusto e Tiberio: Igino, Manilio, che tra l'altro fu il primo ad esporre in versi latini le dottrine astrologiche, Germanico e, successivamente, intorno al 360 d.C., Avieno, per arrivare ad una traduzione anonima dei Phaenomena da collocare nel VII secolo d.C.. Tornando all' età augustea non si può fare a meno di parlare di Ovidio, che nei Fasti ci parla delle fasi stellari che caratterizzano ogni singolo mese. Inoltre, nelle Metamorfosi alcune delle trasformazioni prese in considerazione sono di carattere astrale. In questa rassegna va menzionato anche Vitruvio: il IX libro del suo trattato de architectura è un vero e proprio compendio di contenuto astronomico; finalizzato a fornire le nozioni essenziali per l’orientamento degli edifici. In età Neroniana citiamo l' opera di Columella sull' agricoltura, che presenta un calendario astro-metereologico. Importanti riferimenti si riscontrano anche nell' opera di Calpurnio Siculo e soprattutto nelle naturales quaestiones di Seneca. Nello stesso periodo è da collocare anche l' opera di Lucano, il bellum civile, in cui risulta chiaro che l'interesse di Lucano per le tematiche celesti, evidenziato in modo particolare dai versi del I libro, dedicati alla previsione astrologica di Nigidio Figulo, e dalla descrizione del futuro catasterismo di Nerone, è probabilmente dovuto anche alla forte influenza che l' opera di Seneca esercitò su di lui. Si interessò di astronomia anche Plinio il Vecchio nella sua opera enciclopedica naturalis historia, il cui II libro è dedicato alla cosmologia e il XVIII presenta un calendario astro-metereologico che riproduce fedelmente i Fasti di Giulio Cesare. Persino Quintiliano, nel I libro dell' institutio oratoria, in cui sta delineando la figura del grammaticus nel campo specifico dell' interpretazione dei testi poetici, dice che per svolgere al meglio questa attività è necessaria la conoscenza della musica, della matematica e dell' astronomia. Nel IV riscontriamo riferimenti a "cose celesti" nell' opera di Firmico Materno, Mathesis. In questo secolo si colloca il nuovo adattamento da parte di Avieno dell' opera di Arato e, infine, nei secoli IV e V appartengono i Saturnales e il Commentario al somnium Scipionis di Macrobio.
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I
romani praticavano una grande osservazione del cielo (sole, luna, stelle),
particolarmente per l'uso dell'agricoltura. Più di 30 quadranti solari
sono stati ritrovati a Pompei, pubblichi e privati. Certi quadranti sono
dotati di curve che indicano i solstizi e gli equinozi. E' stata scoperto
un orologio solare portatile: consiste in un quadrante inciso su una
scatola in avorio.
Lo scafo, orologio formato
da una cavità emisferica scavata nella pietra, era lo strumento più
diffuso in Grecia e fu uno dei primi che vennero introdotti in Italia e
costruiti in vere e proprie officine nelle quali venivano creati numerosi
orologi solari. Gli scavi archeologici fatti in numerose città romane
hanno rilevato la presenza di quell'orologio particolare. Lo gnomone era un immenso
obelisco costruito nel 586 a.C. dal faraone Psammetico II e che fu portato
a Roma dopo la conquista dell'Egitto.
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Meridiana posta su una colonna ritrovata a Pompei. |
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Meridiana portatile in avorio, ritrovata a Pompei. Museo di Napoli |
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Una meridiana orizzontale di epoca romana conservata nel Museo di Aquileia. |
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Alcuni orologi solari (scafi) di epoca romana esposti nel Museo di Aquileia.
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La
gnomonica in Grecia
La gnomonica è la tecnica
che si usa per la costruzione di orologi solari o meridiane.
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Il calendario della Grecia antica
Qui di seguito è riportato il calendario che si utilizzava nella Grecia Antica. In realtà la provenienza di questa divisione del tempo era di una particolare regione della Grecia, l'Attica, come anche le principali unità di misura, ma veniva comunemente utilizzato ed accettato da tutte le poleis greche. Le scritte in maiuscolo al di sopra di ogni tabella stanno ad indicare i nomi di ogni mese per ogni colonna della tabella (quella di sinistra, quella centrale e quella di destra), al di sotto del nome è indicato poi il periodo di ciascun mese rapportato al nostro calendario. Infine accanto al numero del giorno, nelle tabelle, è inserito, eventualmente, il nome della festa che si svolgeva in tale giorno. |
ECATOMBEONE METAGITNIONE BOEDRIMIONE
(15 Luglio- 15 Agosto) (15 Agosto- 15 Settembre) (15 Settem.- 15 Ottobre)
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Eleutheria |
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Genesia |
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Boedromia |
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Carnea |
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Thesea |
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Nemea |
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Nemea |
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Charisteria |
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Olympia |
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Proerosia |
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Olympia |
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Synoicia |
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Synoicia |
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Eleusina Magna |
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Eleusina Magna |
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Panathenaea Magna |
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Panathenaea Magna |
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Eleusina Magna |
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Panathenaea Magna |
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Panathenaea Magna |
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PIANEPSIONE MEMACTERIONE POSEIDIONE
(15 Ottobre- 16 Novem.) (15 Novem.- 15 Dicembre) (15 Dic.- 15 Gennaio)
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Cybernesia |
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Dionisi Parva |
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Pyanepsia |
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Thesea |
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Piraea |
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Piraea |
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Thesmophoria |
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Thesmophoria |
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Thesmophoria |
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Thesmophoria |
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Ascolia |
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Thesmophoria |
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Thesmophoria |
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Maimacteria |
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Apaturia |
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GAMELIONE ANTESTERIONE ELAFEBOLIONE
(15 Gennaio- 15 Febbraio) (15 Febbraio- 15 Marzo) (15 Marzo- 15 Aprile)
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Hydrophoria |
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Lenaea |
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Asclepia |
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Dionysia Magna |
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Dionysia Magna |
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Lenaea |
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Anthesteria |
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Dionysia Magna |
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Anthesteria |
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Nemea |
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Anthesteria |
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Pandia |
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Eleusinia Parva |
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20 |
Eleusinia Parva |
20 |
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21 |
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21 |
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21 |
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22 |
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22 |
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22 |
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23 |
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23 |
Diasia |
23 |
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24 |
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24 |
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24 |
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25 |
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25 |
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25 |
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26 |
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26 |
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26 |
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27 |
Gamelia |
27 |
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27 |
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28 |
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28 |
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28 |
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29 |
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29 |
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29 |
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30 |
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30 |
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MUNICHIONE TARGELIONE SCIROFORIONE
(15 Aprile- 15 Maggio) (15 Maggio- 15 Giugno) (15 Giugno- 15 Luglio)
1 |
Pythia |
1 |
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1 |
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2 |
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2 |
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2 |
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3 |
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3 |
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3 |
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4 |
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4 |
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4 |
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5 |
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5 |
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5 |
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6 |
Delphinia |
6 |
Thargelia |
6 |
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7 |
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7 |
Daphnephoria |
7 |
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8 |
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8 |
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8 |
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9 |
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9 |
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9 |
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10 |
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10 |
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10 |
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11 |
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11 |
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11 |
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12 |
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12 |
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12 |
Scirophoria |
13 |
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13 |
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13 |
Arrhephoria |
14 |
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14 |
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14 |
Buphonia |
15 |
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15 |
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15 |
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16 |
Munychia |
16 |
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16 |
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17 |
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17 |
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17 |
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18 |
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18 |
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18 |
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19 |
Olympiea |
19 |
Callynteria |
19 |
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20 |
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20 |
Bendidea |
20 |
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21 |
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21 |
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21 |
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22 |
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22 |
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22 |
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23 |
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23 |
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23 |
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24 |
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24 |
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24 |
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25 |
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25 |
Plyntheria |
25 |
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26 |
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26 |
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26 |
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27 |
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27 |
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27 |
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28 |
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28 |
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28 |
Heraclea |
29 |
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29 |
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29 |
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30 |
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