LA CHIESA DI SAN FERMO
 
Una chiesa dedicata a Fermo e Rustico, che avrebbero subito il martirio a Verona all'inizio del IV secolo, esisteva già nell'VIII secolo, quando il vescovo Annone vi fece riporre le reliquie dei santi, ritrovate a Trieste. All'edificio era associato, almeno dal secolo X, un monastero di Benedettini, che rifabbricarono completamente la chiesa dal 1065 al 1143 seguendo il modello cistercense francese di Cluny II, a tre navate terminate da absidi e transetto anch'esso absidato. Particolarità di San Fermo ("Maggiore" per distinguerlo dallo scomparso San Fermo Minore, sorto nel XII secolo sul supposto luogo del martirio dei santi, in riva all'Adige presso l'odierno ponte Aleardi) è la struttura a due chiese sovrapposte: quella inferiore non è limitata alla zona presbiteriale come una cripta tradizionale, ma ha uno sviluppo in lunghezza che corrisponde alla dimensione completa della antica chiesa benedettina. Nel 1261 i frati Minori, che erano in San Francesco al Corso, all'esterno delle mura, ottennero di insediarsi nel convento di San Fermo in luogo dei Benedettini ed entro la fine del '200 iniziarono la ricostruzione in forme gotiche della chiesa superiore. Fu da loro eliminata la divisione tra le navate, demolito e rifatto in forma poligonale l'abside maggiore, innalzata e allungata la navata. Dell' edificio romanico, i cui muri perimetrali vennero in pane riutilizzati, rimasero così la chiesa inferiore, le quattro absidi laterali e la base del campanile. Un accentuato carattere gotico fu conferito all'esterno dagli agili coronamenti a timpani e pinnacoli, dalle ampie finestre cuspidate e dalle cornici ad archetti pensili trilobati o intrecciati, di ascendenza lombarda, che contornano la chiesa. Nel fianco verso la strada si apre un grande portale gemino a marmi policromi del primo '300, analogo al coevo portale maggiore di Sant' Anastasia, di cui è probabile sia stato il modello. E logico infatti attribuire ai Francescani l'introduzione a Verona di questo tipo di portale doppio, diffusissimo oltralpe, ma il cui principale, se non unico, precedente in Italia è nelle porte della basilica di S.Francesco ad Assisi. All'inizio del '400 venne aggiunto il protiro che protegge l'accesso e alla fine di quel secolo venne posta nella lunetta del portale la statua policroma di sant'Antonio di Padova, donata dai Banda assieme a quella di san Francesco sulla porta principale. Una Sacra Conversazione di Francesco Morone, firmata e datata 1523, è affrescata sul muro laterale. La facciata, che riutilizza un precedente portale romanico strombato, doveva essere compiuta prima del 1385, quando vi veniva posta la tomba pensile di Aventino Fracastoro, medico degli Scaligeri. L'affresco altichieresco con L'Incoronazione della Vergine che ornava la lunetta sopra il sarcofago è ora al Museo di Castelvecchio. Sull' altro lato è il padiglione di un'arca del tardo '200 riutilizzata dai Tolentino nel XV secolo. La parte inferiore in pietra della facciata è terminata da una galleria di finestrelle, quattro delle quali sono cieche e mostrano figure trecentesche di santi francescani. La zona superiore, ampiamente forata al centro dalle finestre sovrapposte, adotta il caratteristico paramento a corsi alternati di mattone e pietra. La porta bronzea con Storia del martirio dei santi Fermo e Rustico è opera di Luciano Minguzzi. Il vasto interno, funzionale all'esigenza della predicazione, è coperto da un magnifico soffitto ligneo a carena di nave (XIV secolo), ornato da una doppia galleria di archetti in cui sono dipinti busti di santi. Sull'arco del presbiterio esso contorna i ritratti contrapposti di Guglielmo di Castelbarco (+ 1320), che offre un modellino della chiesa, e frà Daniele Gusmerio, guardiano del convento tra 1318 e 1320, protagonisti della fase principale della ricostruzione trecentesca. Sulla lunetta sopra la porta principale è affrescata una Crocifissione di Turone di Maxio (1), cui è attribuita anche la Crocifissione sulla porta laterale (2), datata 1363. Sulla parete destra, verso l'angolo, tre superstiti scene trecentesche del Martirio dei Francescani in India (3), dal racconto del viaggiatore francescano Odorico da Pordenone (vivacissimo il quadro inferiore, con l'imperatore di Delhi che fa giustiziare i persecutori dei frati e i diavoli che si impossessano delle loro anime).
All'adiacente cappella Nichesola (4) di eleganti forme rinascimentali dell'inizio del '500, è stato adattato un altare cinquecentesco dei Murari Bra con pala di Sante Creara, trasferito da altra chiesa nel 1816. Dopo un affresco staccato con Coro d'angeli di Stefano da Verona (5), è il pulpito donato dal giurista Barnaba da Morano (6), datato 1396 (ma il parapetto è stato rifatto nel primo '500), probabile opera dello scultore Antonio da Mestre, attorniato da pitture firmate da Martino da Verona raffiguranti Evangelisti e dottori della Chiesa in cattedra, profeti e personaggi illustri. In alto, Mosè ed Elia, che alludono a san Francesco, tradizionalmente designato "nuovo Mosè" e "nuovo Elia" nella esegesi francescana. All'interno della Cappella Brenzoni (7) si trova l'arca di Barnaba da Morano (+ 1411) (8), opera di Antonio da Mestre, qui trasportata dalla parete a destra della porta principale, con alcuni degli affreschi di Marcino da Verona che la circondavano, raffiguranti il Giudizio Universale. La decorazione pittorica originale comprendeva anche santi in edicole gotiche, ancora in sito, e un Incontro dei tre vivi con i tre morti (Memento Mori tardo-gotico di origine francese). Dopo la cappella si trovano l'arca di Torello Saraina (9), storico veronese del '500, accanto all'altare (10) da lui eretto (1523), primo a Verona ad ispirarsi al romano Arco dei Gavi. La pala di Francesco Torbido, Trinità, Vergine con il Bambino tra l'arcangelo Raffaele e santa Giustina, una delle sue migliori, andrebbe datata attorno al 1530 per i manifesti contatti con le opere mantovane di Giulio Romano. Sotto la mensa, sculture di una Deposizione nel sepolcro dell' 400. La sagrestia (11), donata dai Fracastoro nel 1528, è ornata di arredi e quadri del '600 (Storie di sant'Antonio di Padova). Il transetto destro, che conserva affreschi del '300 con Storie di san Francesco frammentarie, ospita la cappella degli Alighieri (1540 circa), linea veronese dei discendenti di Dante (12). Vi è accuratamente ripreso il fronte dell' Arco dei Gavi. La pala cinquecentesca di Battista Del Moro raffigura la Vergine con il Bambino tra i santi Pietro, Zeno e Francesco. Nell'absidiola del transetto (13), sotto l'altare, Deposizione del '300. La seicentesca cappella degli Agonizzanti (14), a lato del presbiterio, ha una Crocifissione di Domenico Brusasorci. L'area Presbiteriale è delimitata da un grande tornacoro colonnato (1573), che riprende la soluzione ideata dal Sanmicheli per il Duomo quarant'anni prima. L'altare maggiore venne rifatto nel 1759 su disegno di Giuseppe Antonio Schiavi, in occasione della traslazione delle reliquie dei martiri Fermo e Rustico dalla chiesa inferiore, dove erano minacciate dalle inondazioni dell'Adige. Nelle vele del catino absidale (15), Redentore e santi, affreschi del primo '300 del cosiddetto Maestro del Redentore, artista che introduce il linguaggio giottesco a Verona, autore pure dei Simboli degli Evangelisti sulla volta a crociera e dei ritratti di Castelbarco (16) e Grommo (17) sull'arco esterno (che recavano la data 1314). Al di sotto di questi ultimi, Incoronazione della Vergine e Adorazione dei Magi, di Lorenzo Veneziano. La successiva cappella di sant'Antonio (18), ridecorata in forme barocche come quella opposta degli Agonizzanti, ha sull' altare una pala quattrocentesca, Sant'Antonio fra i santi Agostino e Nicolò, di Liberale da Verona. Nella spoglia cappella Della Torre (19), cui si accede dal transetto sinistro, è il magnifico mausoleo rinascimentale di Girolamo e Marcantonio Della Torre (1511 circa), con otto bassorilievi bronzei del padovano Andrea Riccio (ora presenti in copia: gli originali sono stati portati al Louvre nel 1797), che rappresentano la vita, la malattia e la morte di Girolamo della Torre.
Le scene, con i riti di trapasso all'oltretomba, sono collocate nell'antichità pagana. I defunti, padre e figlio, appartenevano a una cerchia di umanisti, scienziati e filosofi, e sono ritratti in due maschere funebri alla sommità dell'arca, sorretta da quattro sfingi. Nel bassorilievo sul lato opposto all'ingresso figura il mausoleo stesso. L'altare dell'Arte dei falegnami (20), eretto nel 1608, reca una delle prime opere di Alessandro Turchi, importante pittore veronese del '600, un'Adorazione dei Pastori con i santi Girolamo, Antonio abate e Giuseppe. Verso la porta laterale della chiesa si apre la grande cappella della Concezione (21), fondata nel '400 a spese della città e in origine dedicata a san Bernardino, prima ancora che il santo venisse canonizzato. Passò poco dopo in proprietà dei Banda, che la tennero fino al XVII secolo. La decorazione seicentesca conserva il ricordo della tragica pestilenza del 1630, a cavallo della quale fu realizzata: si veda sulla destra la pala di Antonio Giarola con Verona che invoca la Trinità per essere liberata dalla peste. Sull'altare, pala firmata e datata al 1528 da Francesco Caroto, La Vergine con sant'Anna e i santi Sebastiano, Rocco, Pietro e Giovanni Battista, da Vasari in poi considerata tra le sue opere migliori. L'altare lombardesco accanto alla porta (22) apparteneva all'Arte dei barcaioli (1535), che lo fece ornare con una notevole pala di Battista del Moro, San Nicola (patrono dei naviganti) tra sant'Agostino e sant'Antonio abate. Presso l'angolo con la facciata (23) è il mausoleo di Nicolò Brenzoni (1424-26), celebre monumento funerario dovuto per la pane scultorea, con la Resurrezione, al fiorentino Nanni di Banolo e per la decorazione pittorica a Pisanello. Questo elaborato tipo di tomba murale, con sarcofago sormontato da un baldacchino attorniato da sculture e affreschi, contenuto in una grande cornice, ricorda il monumento Serego in Sant' Anastasia, degli stessi anni, ed esempi dogali veneziani (sia Pisanello che Nanni di Banolo lavoravano a Venezia in questo periodo). L'Annunciazione di Pisanello agli angoli superiori della cornice e la elaborata pergola dipinta a fare da sfondo, come fosse un arazzo, sono un vertice dello stile di estrema eleganza cortese del Gotico Internazionale. Per una porta nel transetto destro si scende al chiostro, dove sul retro della scala è la sobria lastra funeraria, simile ad altra sulla facciata di San Giorgetto, del medico Antonio Pelacani (+ 1327) in cattedra (24). Sui libri aperti del maestro e dei discepoli sono gli aforismi di Ippocrate: Vita brevis / Ars longa / Tempus acutum / Experimentum fallax / ludicium difficile. Una scala conduce dal chiostro alla chiesa inferiore, che conserva l'aspetto della costruzione romanica, con volte sostenute da tre file di pilastri in pietra, ornati da affreschi dei secoli XII-XlV: Sul quinto pilastro della navata sinistra, un Battesimo di Cristo del XIII secolo (25), ben conservato per essere stato scoperto di recente sotto uno strato di intonaco. Sul penultimo pilastro della navata destra è incisa l'iscrizione che fisserebbe l'inizio della costruzione al 1065 (26) e in fondo alla stessa navata è stato posto sulla parete il sigillo sepolcrale dei Banda (27), già nella cappella della Concezione che apparteneva alla famiglia, opera finissima della fine del '400. Nel transetto sinistro è la spartana lastra tombale di fra' Daniele Gusmerio (+ 1332), promotore della ricostruzione francescana (28). Le colonne nell' abside centrale, nel quale è un Crocifisso ligneo trecentesco (29), hanno capitelli ionici di spoglio che furono presi spesso a modello dagli artisti del primo rinascimento veronese.
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