Figure mistiche femminili nel medioevo

Premessa

Per compiere un'analisi accurata delle figure mistiche femminili presenti nel medioevo abbiamo deciso di analizzare la concezione della donna nella Bibbia a partire dall'Antico Testamento. Questo "excursus" è necessario per comprendere la concezione d'inferiorità della donna rispetto all'uomo. La figura femminile delineata nell'antico testamento era ininfluente nella società dell'epoca: non aveva nessuna dignità ed era classificata come un oggetto. Ella non poteva neppure partecipare durante i riti religiosi poiché era considerata impura in virtù del ciclo mestruale. Infatti, il sangue del ciclo mestruale era simbolo d'impurezza sin dall'antichità e si credeva che esso fosse un veleno. Questa concezione venne rimase presente per molto tempo ed è ancora presente in alcune realtà dei giorni nostri. Una sola figura medioevale che non abbraccia questa corrente di pensiero è Gesù Cristo. Egli restituisce alla donna la sua dignità, lasciando una nuova concezione che influenzerà i secoli seguenti.

La donna nella Bibbia e nella tradizione

I limiti posti alla partecipazione delle donne al culto pubblico devono essere visti nel contesto socio-culturale dei tempi e dei luoghi.

Antico Testamento

In Israele, come negli altri popoli antichi, la donna è in situazione d'inferiorità. Nella relazione del decalogo la donna viene elencata assieme agli schiavi, agli animali, alle cose come oggetto del desiderio dell'uomo; nella letteratura sapienziale è vista per lo più come un pericolo per l'uomo. Secondo il più antico racconto della creazione, l'uomo e la donna sono creati uguali, la loro è relazione reciproca di persone chiamate a formare una sola carne, deve essere una relazione di dono mutuo, di comunione e di amore. La relazione interpersonale è stata profondamente corrotta dal peccato comune della coppia. L'uomo diventa dominatore della donna, il marito è padrone e la donna sua proprietà.

Nel seguito dell'Antico Testamento troviamo che la donna è stimata soprattutto per la sua fecondità, come madre, portatrice di vita. E' esclusa non solo dal sacerdozio, ma anche da ogni tipo di servizio liturgico, a causa della sua periodica impurità legale e del rifiuto, da parte di Israele, dei culti pagani di fertilità. Le donne tuttavia fanno parte del popolo messianico, devono essere istruite nella legge sono soggette alle proibizioni della Torà, ma dispensate da precetti inconciliabili colle funzioni casalinghe, come sarebbe l'obbligo dei pellegrinaggi periodici. Possono essere profetesse (Miriam, Debota, Culda, Noedia), partecipano alle feste pubbliche cantando e danzando durante la processione. Se la donna è generalmente disprezzata nella società ed ha un posto del tutto marginale nell'azione culturale, il senso profondo della creazione dell'essere umano maschio e femmina, trova espressione nel tema profetico dell'alleanza d'amore tra Dio e l'uomo, nel simbolismo nuziale.

Nuovo Testamento

Al tempo di Gesù le donne ricevono un'istruzione religiosa solo rudimentale, non fanno parte della comunità politico-culturale e non vengono conteggiate per arrivare al numero necessario per celebrare la liturgia nella sinagoga, dove assistono ai riti separate dagli uomini. Il saggio continua a pregare: "Sia lodato Colui che non mi ha fatto pagano, che non mi ha fatto donna, che non mi ha fatto ignorante!", mentre la donna dice: "Lodato, sii tu, o, Signore, che mi hai creata secondo la tua volontà".

L'atteggiamento di Gesù

Gesù non si lascia fermare dalle prescrizioni della purezza legale, loda la fede dell'emorraissa che aveva avuto l'audacia di toccargli il mantello; rimette con dolcezza i peccati della peccatrice che, in casa di Simone il fariseo, aveva bagnato di lacrime i suoi piedi. In contrasto con il poco conto fatto della testimonianza delle donne nel diritto ebraico, fa della stessa samaritana una messaggera di salvezza; a Marta preannuncia la propria resurrezione e soprattutto alle donne, che lo avevano seguito fino alla croce, affida l'incarico del primo annuncio pasquale agli stessi Undici che saranno testimoni ufficiali del Risorto.

Le prime comunità cristiane

Il giorno di pentecoste anche le donne, fra cui Maria, ricevono lo Spirito Santo e in seguito molte donne collaborano alla diffusione della fede. Non c'è più un rito di iniziazione riservato ai soli uomini, donne e uomini ricevono il battesimo e sono ugualmente chiamati alla salvezza e alla santità. Paolo riconosce alle donne il diritto di pregare e profetizzare nelle assemblee di culto, prescrivendo loro soltanto di tenere un velo sul capo; il velo non è segno d sottomissione bensì dell'autonomia di cui gode la donna relativamente all'uomo quando si indirizza a Dio. Paolo rompe le usanze del tempo, secondo le quali le donne non possono parlare durante le assemblee.

Per Dio non c'è distinzione tra uomo e donna, perciò se una donna o un uomo hanno il carisma della profezia, lo esercitino liberamente. Riguardo all'abbigliamento femminile nelle assemblee, P. Rossano commenta ottimamente il passo di S. Paolo. E' probabile che Paolo risponda a un quesito posto dalla comunità. Anche in questo caso l'interrogativo sembra nascere dal confronto col Giudaismo contemporaneo che prescriveva alle donne maritate di portare, fuori di casa, un velo sul capo in segno di appartenenza e di sottomissione al marito. La società greca contemporanea era più emancipata, ma le regole della buona società si ispiravano probabilmente alla norma di Plutarco secondo la quale "era più conveniente per gli uomini presentarsi in pubblico a capo scoperto, per le donne invece con il capo velato". A giudicare dalle parole dell'apostolo si direbbe che a Corinto prendevano piede tendenze liberaleggianti alle quali l'apostolo contrappone un ideale ispirato alla severità ebraica ed anche, a quanto pare, alle norme della tradizione più onorevole dei Greci. Quasi tutte le donne sono coinvolte anche nell'assistenza ai poveri: Lidia, Priscilla, Febe...

Ma nei primi capitoli del libro degli Atti degli Apostoli troviamo un esempio magnifico di dedizione ai poveri: Tabità. "A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità, nome che significa Gazzella, la quale, abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza al piano superiore. E poiché Lidia era vicina a Gialla, i discepoli udito che Pietro si trovava là mandarono due uomini ad invitarlo: "Vieni subito da noi!". E Pietro subito andò con loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era tra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: "Tabità, alzati!". Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva.

Vedove e vergini

La vedovanza era uno stato di vita, elevato, nell'ordine, ad ideale ascetico; le vedove non prestavano un servizio liturgico, ma erano dedite alla preghiera, praticavano il digiuno; visitavano gli infermi e facevano loro l'imposizione della mano. Nella prima lettera a Timoteo vengono distinte in due categorie; la prima riguarda quelle che possono essere aiutate dai parenti: se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, poiché è gradito a Dio. L'altra comprende quelle che sono sprovviste dei mezzi di sussistenza ed hanno bisogno dell'aiuto della Chiesa: la donna veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto le speranze in Dio e sì consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte. Una vedova è iscritta nel catalogo delle vedove quando ha non meno di sessant'anni, è andata sposa una sola volta, ha cioè allevato figli, praticato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, è venuta in soccorso agli afflitti, ha esercitato ogni opera di bene. Queste, se le forze glielo permettono si dedicano molto probabilmente ai servizi pubblici delLa Chiesa: istruzione dei catecumeni, educazione delle giovani, assistenza ai poveri, agli infermi, ai pellegrini. All'inizio le vedove servivano come criterio d'imitazione alle vergini, e successivamente associate ad esse. Dalla fine del sec. IV l'ordine delle vedove scomparve progressivamente con lo sviluppo della vita monastica. Risale al sec. IV il rito di consacrazione delle vergini, che conferiva uno statuto ufficiale nella chiesa e associava le vergini al clero, ma non può essere confuso con un rito di ordinazione.

Nemmeno le abbadesse, che nel medioevo esercitavano poteri di giurisdizione, hanno mai avuto poteri inerenti al sacramento dell'ordine. Soltanto in alcune sètte eretiche, in particolare presso i Montanisti, troviamo donne che insegnavano, battezzavano, amministravano l'eucarestia, avevano funzioni vescovili e presbiteriali. Ma l'esclusione delle donne dall'insegnamento pubblico e dalle funzioni sacerdotali nella chiesa non era dovuto alla preoccupazione di distinguersi dall'eresia e dall'ambiente greco-romano (che conosceva vari sacerdozi femminili), si trattava essenzialmente di non rimettere in questione quello che si considerava essere una precisa scelta del Signore.


La figura della diaconessa

Subito dopo l'età apostolica, la Chiesa ha conosciuto le diaconesse. Ci sono stati dei dubbi sul fatto che le donne in questione fossero mogli dei sacerdoti, vedove oppure diaconesse. Durante i primi secoli, la confusione nella terminologia e nelle funzioni rimase. E' probabile, in ogni modo, che i tre ruoli siano stati piuttosto distinti. E' solo nel terzo secolo che la Chiesa ha chiarificato la posizione delle diaconesse con maggiore precisione, probabilmente a causa dei problemi con una minore organizzazione delle vedove.

La polemica contro i sacerdoti donna ebbe inizio nella Chiesa dei Franchi nel 511, quando i vescovi vennero a sapere che due preti bretoni celebravano l'eucarestia con conhospitae. Il sacerdote e la sua assistente viaggiavano per le campagne dicendo la messa e distribuivano la comunione nelle capanne dei contadini. Ai vescovi dava fastidio il fatto che le conhospitae inquinassero il sacramento offrendo il calice ai comunicandi e dormendo sotto lo stesso tetto del sacerdote. L'assorbimento del diaconato in un ordine di vedove fu decretato in un concilio di Epaon e di Orléans, rispettivamente nel 517 e 533. In quel periodo era ormai riconosciuto che la diaconessa fosse una vedova e la legislazione del concilio di Epaon stabiliva che la consacrazione delle vedove dette diaconesse, consistesse perciò solo in una benedizione data loro in quanto penitenti. Tutto questo era per evitare che le diaconesse reclamassero il loro status clericale. Ma il concilio di Orléans andò oltre, tolse alle donne qualsiasi ufficio religioso e degradò lo stato vedovile all'interno della Chiesa franca. Il sinodo tenuto ad Auxerre, verso la line del VI secolo, in seguito dichiarò che le donne erano impure per natura, motivo per cui dovevano portare dei veli e non potevano toccare niente di consacrato. Probabilmente, il declino del diaconato femminile è stato causato dai seguenti motivi: la paura della "impurità rituale" dovuta ai periodi mestruali, e il declino del battesimo degli adulti. Ciò determinò un minor bisogno delle diaconesse, come descritto negli antichi rituali Siriani.

Non possiamo escludere che nel VII secolo sia ricominciata la consacrazione delle diaconesse. Le diaconesse esistevano anche a Roma nel 799, quando ricevettero il papa Leone III che entrò nella città dopo la sua tremenda ordalia. Abbiamo notizie di diaconesse presenti nello stesso periodo in Italia meridionale. Nella Francia carolingia, però, quel titolo riappare solo nel terzo quarto del IX secolo. Il concilio di Worms riconfermò la quindicesima regola di Calcedonia, che stabiliva che le donne oltre i quaranta anni potessero accedere al diaconato. Questa regolamentazione può essere stata suggerita dall'esigenza di trovare un titolo adeguato per le regine e le principesse che si ritiravano in conventi all'interno dei quali già esisteva una badessa. Il titolo può essere stato utile anche per quelle badesse laiche che, come gli abati laici, dirigevano delle comunità per concessione reale. Esiste anche una glossa in cui si afferma che il titolo di diaconessa andava identificato con quello di badessa. Intorno al 940, Attone da Vercelli spiegò che la diaconessa era una badessa, pur ammettendo che nel passato le diaconesse avevano officiato riti ecclesiastici. Ai tempi delle conversioni, le diaconesse battezzavano le donne. Nel Medioevo poche persone erano ormai a conoscenza dell'importanza che il diaconato femminile aveva avuto nella Chiesa delle origini.

Gli esercizi delle donne diacono

Come nel caso dei sacerdoti e dei diaconi maschi, i compiti assegnati alle donne diacono sono anch'essi variati nel corso dei secoli. I compiti seguenti sono, in ogni modo, chiaramente documentati dagli archivi storici:

  • Assistenza al battesimo delle donne: Le diaconesse avevano un compito importante durante il battesimo: ungere le donne con l'olio santo sopra tutto il loro corpo e compiere parte del battesimo con l'immersione nella fonte battesimale;
  • Cura delle donne nelle assemblee liturgiche: Le diaconesse controllavano l'ammissione delle donne sconosciute alle riunioni liturgiche, esattamente come i diaconi maschi controllavano l'ammissione degli uomini. Le diaconesse avevano il compito di mantenere l'ordine tra le donne nella chiesa, e ciò si traduceva per loro nell'assunzione di responsabilità pastorali;
  • Apostolato delle donne nelle loro case: Le donne diacono assistevano le donne inferme e bisognose. Avevano il carico delle vedove nella parrocchia. Istruivano i catecumeni per il battesimo;
  • Servizio in Chiesa: Sebbene le diaconesse non assistessero il Vescovo all'altare nella stessa maniera dei diaconi, esse avevano accesso alla chiesa per altre vie. In particolare, potevano prendere il Sacramento dal tabernacolo e distribuire la comunione santa, in particolare alle donne costrette a rimanere a casa.
  • Le diaconesse nella tradizione orientale

    Le tradizioni più interessanti sono quelle greco-bizantine e siriaca (nestoriana, monofisita, maronita). Nella "Didascalia degli Apostoli" appaiono non solo come gruppo nettamente distinto dalle vergini e dalle vedove "costituite" ma anche come ministero nella chiesa locale, dal compito pastorale e Liturgico nettamente determinato, descritto in parallelismo al ministero dei diaconi, anche se con funzioni più ristrette. Le mansioni della diaconessa si restringono, infatti, al ministero presso le donne nei casi in cui la decenza naturale o di costumi e di ambiente, non consente facilmente al vescovo, al presbitero o al diacono di avvicinarle.

    Il compito liturgico è in rapporto al battesimo delle donne. Prima del battesimo tutto il corpo viene unto con olio. Per le donne il vescovo unge il capo e la diaconessa compie le restanti funzioni. Ella non può pronunciare le parole del battesimo; ma quando le battezzate salgono dalla piscina vengono ricevute dalla diaconessa, alla quale spetta l'incarico di istruirle intorno ai loro obblighi morali e di santità. Il compito pastorale della diaconessa riguarda l'assistenza caritativa delle donne cristiane bisognose e malate. Nelle Costituzioni apostoliche la funzione delle diaconesse rimane anzitutto quella di aiutate il vescovo o il presbitero nel battesimo delle donne; in oltre viene loro assegnato un compito attivo nell'assemblea liturgica: quello di accogliere le donne che entrano in chiesa, prendendo cura specialmente delle forestiere e delle povere ed assegnando ad ognuna un posto. Il compito è condiviso con gli ostiari ed anche con i suddiaconi e diaconi. Si insiste sulla proibizione per le donne di insegnare o di battezzare. L'uomo è capo della donna, è eletto per il sacerdozio. E' contro natura permettere alle donne di compiere "azioni sacerdotali"; è l'errore dell'empietà pagana e non già la legge di Cristo. Il compito pastorale delle diaconesse rimane principalmente l'assistenza delle donne credenti; ma si aggiunge un altro ministero extra-liturgico: quello di fare la mediatrice, accompagnando le donne quando devono parlare con il diacono o con il vescovo; in questo compito la diaconessa è considerata come immagine dello Spirito Santo: come non si può credere a Cristo senza l'insegnamento dello Spirito Santo, così senza la diaconessa nessuna donna si rechi dal diacono o dal vescovo.

    Le diaconesse sono ordinate mediante imposizioni delle mani, come il vescovo, il presbitero, il diacono, il suddiacono, il lettore. L'ordinazione è fatta in pubblico e ai piedi dell'altare e all'interno del santuario come quella dei vescovi, dei presbiteri, dei diaconi. La formula usata è quella della ordinazione del vescovo, del presbitero, del diacono: "La divina grazia, che guarisce sempre ciò che è debole e supplisce a ciò che è difettoso promuove N a diaconessa. Preghiamo dunque per lei, affinché venga sopra di essa la grazia del santissimo Spirito". La diaconessa è assimilata al diacono anche dalla stola diaconale datale dal vescovo alla fine del rito, messa intorno al collo, sotto il velo. Infine dopo l'ordinazione alla diaconessa viene data la comunione come ai diaconi, cioè ricevendo il calice dalle mani del vescovo, con la differenza che, mentre il diacono va poi a portare il calice ai comunicanti fuori dal Santuario, la diaconessa ricevuto il calice, lo depone sull'altare. Dopo il sec. IV, nell'area greca, la posizione della diaconessa raggiunge il suo massimo sviluppo, prima della sua decadenza definitiva verso i sec. XI-XII. Con il venir meno del battesimo degli adulti, venne meno anche l'istituto delle diaconesse e dove continuò ancora per qualche tempo, diventò puramente onorifico, conferito a donne di alto rango (purché vergini o vedove monogame) o concesso a monache e ad abbadesse di monasteri.


    Caterina da Siena

    -scritti-

    {short description of image} La figura di Santa Caterina emerge in tutta la sua importanza quanto più entriamo nel suo pensiero e nel suo mondo, donna di grande spessore e levatura spirituale, in considerazione della sua vita. Donna di pace che riesce a realizzare se stessa in virtù del bene che porta agli altri. In un tempo in cui la pace diventa difficile possiamo dire che Santa Caterina è donna di pace, la sua missione oggi è dare respiro a questo mondo. In modo totalmente diverso noi dobbiamo pensare a questo come momento di riflessione per chiunque entri nel sito.

    La Santa nella sua pur breve vita ha attivato tutta la sua potenzialità per essere donna di pace. Donna quindi, in un'epoca in cui tutto era riferito all'uomo, supremo dominante, e lei donna, si pone in dialogo con il mondo. Un mondo che cercava, e cerca, delle risposte e Lei era presente in ogni dove, pur di dire una parola di verità. Questo ha inciso molto nella storia e ora nei tempi moderni; ecco Santa Caterina in Internet, pronta ancora una volta ad incontrare chiunque abbia bisogno di risposte concrete. Lei grande divulgatrice della verità vuole inserirsi in un discorso di verità; parlava poco ma molto rifletteva circa la possibilità dell'uomo di rinnovarsi e realizzare quel dono di amore che la lei auspicava realizzare con i suoi discepoli e coloro che si ispiravano al suo pensiero. Coloro che si ispirano oggi al suo pensiero, cercano il dialogo con il mondo intero. Chiunque entri in questo sito, sappia di incontrare una donna che non lascia indifferenti coloro che la incontrano. Non è forse molto conosciuta, perché probabilmente si pensa alla difficoltà del suo pensiero, ma credo che sia importante cercare di trovare un modo di dialogare con questa grande donna, conoscerla diventa importante ma ancor di più se pensiamo alla sua storia. Essere donna non solo, ma anche donna di pace, dona che riflette, che medita, dona che agisce, dona che serve i poveri; donna che vuole incontrare tutti coloro che hanno bisogno oggi di una parola chiara, di una parola nuova, donna ancora oggi al servizio della chiesa e del mondo. In un mondo pieno di ingiustizie forze dobbiamo trovare in lei la chiave per vivere in un mondo più giusto.

    " O bontà sopra bontà! Tu solo sei colui che se sommamente buono, e nondimeno tu donasti il verbo tuo Figliolo a conversare con noi, puzza e pieni di tenebre. Di questo chi ne fu cagione? L'amore però che ci amasti prima che noi fussimo. O Buono, eterna grandezza facesti basso e piccolo per fare l'uomo grande. Da qualunque lato io mi vollo io non truovo altro che abisso e fuoco della tua carità".

    Santa Caterina sia guida dei nostri passi, in virtù anche del mistero di Cristo Crocifisso, lei che tutto può, diventi guida di coloro che vogliono entrare nella grande strada del mondo. Da quanto detto possiamo fare delle riflessioni e a voi che leggete queste pagine rimane la necessità di trovare delle risposte. Quanto troverete non è certamente tutto, ma penso che da questo possiate farvi un'immagine di Colei che è Patrona d'Italia e Dottore della Chiesa. La figura di Santa Caterina emerge come donna forte e coraggiosa che riesce a dare una testimonianza esclusiva alla Chiesa, dono di esperienza e forza, come risulta da questi brani tratti dai suoi scritti ed in particolare da alcune lettere scelte: "Sicché addiviene dell'utilità, che noi non potiamo fare a Dio, come non poterlo amare di Grazia senza debito. Però che noi e non egli a noi; e però ci creò alla immagine e similitudine sua.

    "Ecco dunque, che noi non potiamo fare utilità a lui ne amarlo di questo primo amore. E io dico che Dio ci richiede come egli ci ha amati senza alcun rispetto, così vuole essere amato da noi. In che modo dunque il potremo aver, poiché egli cel richiede e noi non potiamo fare a lui? Dicovelo: collo mezzo che egli ha posto rispetto, onde doviamo amare lui liberamente, e senza alcun rispetto d'alcuna propria nostra utilità: cioè doviamo essere utili, non a lui, che no potiamo, ma al prossimo nostro. Or con questo mezzo potiamo osservare quello che egli ci richiede per gloria e loda del nome suo: e per mostrare l'amore che noi gli abbiamo, doviamo servire e amare ogni creatura che ha in se ragione, e distendere la cavità nostra a buoni e cattivi, e ad ogni generazione di gente, così a chi ci disserve e sono scandalizzati in noi, come a chi ci serve. Perrocché non è accettatore delle creature, ma dei santi desiderii; e la carità sua" (lettera n.94). "Pace, pace, sanissimo Padre! Piaccia alla santità vostra di ricevre li vostri figlioli, che hanno offeso voi padre grande. La benignità vostra vinca la loro malizia e superbia. Non vi sarà vergogna d'inchianarvi per placare il cattivo figliolo; ma saravi grandissimo onore e utilità al cospetto di Dio, e degli uomini del mondo". "Senza questo lume andremo in tenebre: non saremo fedeli ma infedeli sposi della veritlà: perché questo lume è quello mezza che fa l'anima fedele dilungata dalla bugia della propria sensualità; e falla correre per la dottrina di Cristo crocifisso, il qual e essa è verità: fa che il cuore maturo, stabile e non volubile; cioè a dire, che per fatica non si muove con impazienza, ne per consolazione disordinata allegrezza: in ogni cosa è ordinatoe pesato né costumi suoi". "Non siate negligenti ma solleciti: per piccola fatica non fuggite il frutto: che in altro modo non potreste essere cavaliere virili. E però vi dissi che io desiderato di vedervi cavalieri virili, posti nel campo di battaglia. E però vi prego, acciò adempiate la volontà di Dio e il desiderio mio, che voi anneghiate, atuffiate, e inebriate nel sangue di Cristo crocifisso, perché nel sangue si fortifica il cuore. Altro non dico permanete nella santa e dolce dilezione di Dio, Gesù dolce, Gesù amore". " Ché tra le spine nasce la rosa, e tra molte persecuzioni ne viene la reformazione della Santa Chiesa, la luce che fa levare le tenebre dé cristiani e la vita degli infedeli, e la levazione della Santa Croce". "A voi dilettissimo padre in cristo Gesù io Caterina serva e schiava dé servi di Gesù Cristo scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi una pietra ferma di Cristo Gesù". "Oh misero, la tenbra dell'amore proprio non ti lassa cognoscere questa verità. Che se tu la cognoscessi tu eleggresti innanzi ogni pena, che guidare la vita tua in questo modo; porresti ad amare e desiderare colui che è: gusteresti la verità sua con fermezza e non ti muoveresti come la foglia al vento; serviresti il tuo creatore e ogni cosa ameresti in lui, e senza lui nulla". "Levati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te; entra nelle piaghe di Cristo Crocifisso, dove e perfetta e vera sicurtità. Egli è quel luogo dolce dove la sposa empie la lampana del cuore suo: ché drittamente il cuore è una lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana che è stretta da piedi e larga da capo; cioè che il desiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo si sopra; cioè dilagare il cuore e l'affetto suo in Cristo Crocifisso, amandolo e temendolo con vera sollecitudine. E allora empirai questa lampana al costato di Cristo Crocifisso". "Or su figliola dolcissima levati dal sonno; e non dormiamo più ma seguitiamo con fede vivale vestigia di Cristo Crocifisso, con vera e santa pazienza. Bagnatevi nel sangue di Cristo Crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce Gesù amore".

    A conclusione possiamo dire che questi scritti ci fanno intravedere la sua grande personalità di donna. A voi che leggerete queste pagine nasca la voglia di conoscerla, siamo disposti a rispondere a qualsiasi domanda in materia e cercare di darvi tutto quel materiale utile per un ulteriore approfondimento che vi faccia crescere nella ricerca della verità. A questo punto non rimane che ringraziare tutti coloro che visiteranno queste pagine e lasceranno un loro messaggio in risposta alla possibilità di vedere Santa Caterina Compatrona d'Europa e che vorranno segnalarci altre parrocchie intitolata a Santa Caterina Da Siena.


    Giovanna D'Arco

    Nella Francia devastata dalla guerra dei cent'anni furono specialmente le donne a sentirsi impegnate a salvare la patria, la Chiesa e la cristianità: la sedicente liberatrice Giovanna D'Arco era solo una delle tante " inviate di Dio" che dalla fine del XIV secolo avevano sempre fatto parlare di sé. Il tardo Medioevo fu dunque un'epoca in cui le donne assunsero un'importanza fondamentale nel campo politico- religioso. Il numero delle donne canonizzate non era mai stato né mai sarà superiore a quello registrato nei tre ultimi secoli del Medioevo: fino a un quarto di tutti i nuovi santi furono in questa epoca di sesso femminile.

    La vita

    Analfabeta, figlia di contadini, a tredici anni si persuase di essere stata scelta da Dio per salvare la Francia piegata dalla guerra dei cent'anni. Nel 1429 si presentò alla corte di Carlo VII e ottenne di poter cavalcare alla testa dell'esercito che andava a soccorrere Orléans, stretta d'assedio dall'esercito di Enrico VI. Con la sua fede e il suo entusiasmo infiammò l'animo dei Francesi che ruppero l'assedio e liberarono la città. L'armata di Giovanna cacciò così gli Inglesi dalla valle della Loira, costringendoli a lasciare. Ma alla mirabile epopea non seguì un'azione militare risolutiva. Il re e la corte, diffidenti e incerti, lasciarono pressochè sola Giovanna che invano combatté sotto le mura di Parigi rimanendo ferita. Caduta nelle mani di Giovanni di Lussemburgo, venne ceduta come bottino di guerra agli Inglesi. Re Carlo non tentò neppure di liberarla; nel 1431 fu condannata come eretica e arsa viva. Simbolo dell'amore patriottico e dell'unità della Francia, Giovanna D'Arco ha ispirato scrittori come Shakespeare, Schiller e musicisti come Verdi, Listz. Giovanna D'Arco fu canonizzata nel 1920.

    Giovanna D'Arco e il suo tempo

    Testimoniando durante tutta la giovinezza una fede intensa e sincera, praticando frequentemente i sacramenti, donando in letizia ai poveri, Giovanna non si distingue altrimenti dai giovani contadini analfabeti del suo ambiente. All'educazione religiosa provvide la madre Isabella, la quale, con molto fervore, riuscì, attraverso anche "esempi" edificanti, come il racconto delle storie di S. Margherita di Antiochia e di S. Caterina di Alessandria, a legare nell'animo di Giovanna il sentimento religioso con i valori civili.

    La ragazza, dimostrando un precoce interesse verso gli eventi politici di allora, li leggeva in chiave religiosa, come espressione dell'eterna lotta tra il bene e il male. Nel 1425, per la prima volta, intende quelle che poi chiamerà "le sue voci": dapprima quella di S. Michele arcangelo, poi quelle di S. Caterina e di S. Margherita, che le ordinano di recarsi in Francia per cacciarne gli Inglesi. Giovanna, dapprima spaventata e convinta che l'età (ha solo tredici anni) e il suo sesso rendano impossibile il compimento di una simile missione, resiste da principio all'invito della voci. Ma poiché esse si rinnovano due o tre volte alla settimana si convince alla fine a confidarsi con un cugino della madre che considera uno zio. Respinta una prima volta, le voci si fanno sempre più pressanti quando incomincia l'assedio di Orléans. Dopo un pericoloso viaggio, giunge dove si trova Carlo VII, il quale sembra in balia degli Inglesi.

    Allo stremo, colpito d'altra parte dalla profezia secondo la quale la Francia, condannata da una donna, sarebbe salvata da una vergine, Carlo VII acconsente a ricevere Giovanna; questa lo riconosce immediatamente, nonostante egli si fosse confuso tra gli ospiti della corte, e gli annuncia che viene in nome di Dio per farlo consacrare a Reims legittimo re di Francia. Quindi, nel corso di un convegno segreto, per vincere la sue esitazioni, gli fornisce una prova decisiva, di cui sembra testimoniare la gioia del "gentile delfino". Giovanna viene sottoposta all'esame di una commissione di teologi e di esperti di diritto canonico, riunita a Poitiers per tre settimane; l'esame conferma l'autenticità della sua fede, mentre alcune matrone attestano la sua verginità, prova, questa, che non ha alcun rapporto con il diavolo. Provvista di una scorta, Giovanna raggiunge l'ultimo esercito di Carlo VII, dove viene accolta con entusiasmo dagli abitanti di Orléans. Dotata di uno stendardo sul quale è raffigurato il Cristo tra due angeli, di un'insegna e di un pennone come un comandante militare, sembra che Giovanna D'Arco non abbia mai assunto ufficialmente il comando degli eserciti di Carlo VII, i cui consiglieri diffidano della sua inesperienza e temono il suo prestigio. Inoltre, Giovanna è tenuta in disparte al momento della decisioni più importanti.

    A sua insaputa, i comandanti francesi la fanno arrivare nei dintorni di Orléans lungo la sponda sinistra, mentre ella pensa di raggiungere la città lungo la sponda destra. Nel tentativo di evitare inutili spargimenti di sangue, Giovanna invia sempre missive ai suoi avversari, chiedendo loro di ritirarsi o di acconsentire a sottomettersi. Utilizzando con abilità l'artiglieria, dando l'esempio a costo della sua stessa vita, Giovanna ha il grandissimo merito di costringere i comandanti all'offensiva e di indurli a resistere quando il timore della sconfitta li spingerebbe a rinunciare. Così il suo tentativo imprevisto rianima i Francesi. Sicura dell'appoggio incondizionato di tutti coloro che credono al carattere miracoloso delle sue vittorie, Giovanna costringe il Consiglio reale ad accettare i rischi di una spedizione verso Reims. La cavalcata verso la consacrazione si trasforma rapidamente in una semplice passeggiata militare: la cerimonia della consacrazione fa del " gentile delfino" il legittimo re di Francia. Senza il suo intervento personale e determinante, Carlo VII e il suo Consiglio non avrebbero osato incontrare in campo aperto gli Inglesi, né iniziare la marcia verso l'incoronazione. Guidando l'esercito reale verso l'obiettivo ella raggiunge in un tempo brevissimo Reims per l'incoronazione. Nonostante le numerose difficoltà Giovanna si ostina a proseguire nella sua missione fino a quando non l'avrà portata a termine. Dopo un iniziale successo viene sconfitta, certamente per mancanza di mezzi adeguati. Ottenuto lo scopo che si era prefisso, il carattere esitante del sovrano costringe Giovanna a dedicare le proprie forze non a sconfiggere il nemico, ma a convincere il re a non rifiutare la vittoria che tanto generosamente il cielo gli offre. Si spiegano così le sconfitte subite da allora da Giovanna e la necessità che ella sente di assumere il comando di alcune centinaia di uomini per tentare di portare a compimento la sua missione prima di essere catturata dai suoi avversari, come le avevano predetto le voci.

    L'insuccesso attenua il prestigio di Giovanna e da allora la sua missione sembra compiuta. Nel 1430, impegnata in operazioni belliche contro il duca di Borgogna, viene catturata da Wandomme che la consegna a Giovanni di Lussemburgo. Carlo VII non fece nulla per liberarla e così la ragazza, abbandonata, fu trasferita per sei mesi in diverse prigioni, prima di essere venduta agli Inglesi e processata come eretica, con lo scopo di colpire irrimediabilmente la credibilità di Carlo VII. Gli sforzi compiuti dagli avversari per dimostrare, mediante le procedure dell'inquisizione, che Giovanna era una strega che si serviva di poteri diabolici, testimoniano della profonda incidenza della sua missione. La leggenda vuole che il cuore, non intaccato dalle fiamme, sia stato gettato nella Senna assieme alle ceneri delle ossa, per impedire ai ricercatori di reliquie di impadronirsene.

    Giovanna D'Arco davanti alla storia

    Avendo contribuito più di chiunque altro alla nascita del sentimento nazionale in Francia, il personaggio di Giovanna D'Arco è diventato quello di un'eroina nazionale, la cui memoria viene onorata tutti gli anni l'8 maggio, anniversario della liberazione di Orléans, che è stato scelto anche dalla Chiesa per ricordare la santa. Ma è giocoforza per lo storico riconoscere che, se da un lato è abbastanza agevole delineare il personaggio storico attraverso i testi, dall'altro risulta impossibile stabilire l'esatta origine della sua missione: non diabolica certamente, ma umana o divina. Dopo aver ascoltato la voce così avvincente di Giovanna attraverso gli originali del suo processo, sta ai singoli decidere, in funzione di ciò che sono, di ciò che pensano, di ciò che credono.


    The Prioress

    The figure of Chaucer's prioress is caratterized by the writer's irony. Infact, we can find in it features that we wouldn't expect in a nun: the prioress is elegant like upper class women, she lives more like a fashionable lady than a clerical woman and her idea of love seems to be everything but spiritual.

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    Describing the prioress, Chaucer shows great admiration for her accomplishments; he designes her as a refined and educated woman that speechs french "well and elegantly" because she has learned it at the English convent where she was educated, her good tables manners are caratteristic of a well-bred woman and she possesed the greatest charm. But still, when he talks about her charity and the motto engraved on her brooch, he makes her the object of his irony. The prioress charity is mainly directed to her own animals and the motto of her brooch does say: "Amor vincit omnia". We understand that the prioress is an hypocrist woman.