L'universo femminile: spazi e oggetti

Premessa

La società del Medioevo è improntata all'uomo, le sue espressioni culturali portano il marchio di un predominio maschile, di lotte per il potere di pregiudizi maschili. In questa realtà le donne compaiono sotto forma di idee, idoli, immagini contrastanti tutte prodotte dalla fantasia maschile. Per consentire l'emergere dalle fantasie maschili medioevali di una "Storia di Donne" furono necessari il nuovo movimento femminista e l'interesse specifico delle donne. Questa resta in ogni caso un'impresa per niente facile: la realtà delle fonti varia molto secondo la classe sociale o del modo di vita. Verso la fine del medioevo è fatta più luce sulla condizione della donna contemporaneamente al fatto che numerose figure femminili cominciarono a misurarsi con le penne e pergamene e la produzione e la quantità delle opere scritte tramandateci aumentarono, come d'altro conto le donne che prendono parte a eventi spirituali e intellettuali. Le donne restano lo stesso dominate dall'egemonia maschile in tutti i campi della società, le loro esperienze quotidiane s'imbattono ancora faticosamente nella tendenza maschile all'idealizzazione e alla sottovalutazione. I loro desideri e aspirazioni possono essere intuiti dietro il velo della tutela e della regolamentazione esercitata dai padri, le loro azioni sono così limitate da norme e controlli sociali. Le donne trassero vantaggio dalle situazioni di crisi economiche e dalle epidemie del Medioevo, infatti, questo conferì loro grande mobilità sociale e fece sì che prendessero parte alle innovazioni tecniche nel lavoro nelle campagne e nelle città. Per quanto riguarda i cambiamenti culturali e religiosi i progressi compiuti dalle donne si verificarono ma si rivelarono estremamente fragili e vulnerabili. Si basti pensare al contesto delle selvagge cacce alle streghe, il cui prezzo fu pagato particolarmente dalle donne. La situazione giuridica fu notoriamente avversa alle donne e queste seppero tuttavia confrontarsi con quei limiti così costrittivi, ai quali lentamente riuscirono a sottrarsi.

Fisicamente deboli, moralmente fragili, le donne sono considerate nel medioevo creature da proteggere dagli altri, ma anche da se stesse. Sia che, per nascita, facciano parte del mondo dei guerrieri o di quello dei lavoratori, oppure della schiera dei tanti dediti alla preghiera, esse sono sempre sottoposte alla sorveglianza e alla guida degli uomini del loro "ordine". Quello degli uomini di Chiesa è l'unico che abbia ricorso alla reclusione completa, alla clausura, delle donne consacrate a Dio. Nella classe dei guerrieri le donne sono sorvegliate dai maschi del clan, mentre nel terzo ordine (lavoratori) la situazione è più dinamica e si evolve in misura notevole nel corso del Medioevo. Uomini e donne di statuto servile sono legati alla terra, e la loro vita si svolge in un ristretto ambito geografico. L'emancipazione dei servi e lo sviluppo urbano hanno comportato la possibilità di una crescente mobilità (mercanti). Dall'esame degli elenchi di mercanti, conservati negli archivi urbani della fine del Medioevo, emerge la presenza anche di mercantesse. Sono, ad ogni modo, in numero minore rispetto agli uomini, e i loro spostamenti sono probabilmente più limitati. A tutti i livelli della società, in ogni modo, la donna dispone di una libertà di spostamento e di azione molto ridotta rispetto a quella maschile.

La donna nel medioevo

Definire la donna e tracciare una sua autonoma storia in contesti sociali diversi risulta difficile a causa della millenaria subordinazione delle donne all'uomo, nella sfera delle relazioni familiari, sociali ed economiche. La donna per lunghissimo tempo non è stata considerata un soggetto autonomo, capace di creare eventi. Per questo la sua storia è ombra della storia fatta di imprese, idee e rivoluzioni, il cui unico protagonista è l'uomo.

Nel Medioevo le donne potevano scegliere tra matrimonio e famiglia o cella del monastero. Erano considerate ben poco, gli uomini erano padroni di tutto e di tutti. Alle donne talvolta non era permesso neppure di partecipare a culti religiosi, a manifestazioni politiche; la donna doveva camminare a testa alta con gli occhi in basso e senza muovere le palpebre. Per essere giudicata una buona moglie doveva saper cucinare, lavorare a maglia, fare il bucato, attingere l'acqua dal pozzo, filare, tenere ordinata e pulita la casa, raccogliere la legna, governare il bestiame, aiutare gli uomini nei lavori rurali.

Il matrimonio era di solito combinato dai genitori degli sposi, e veniva preceduto da una promessa solenne, con lo scopo di costituire e definire la dote il cui contributo era dovuto prevalentemente dallo sposo. E' noto che esse lavoravano non solo nelle case, ma anche nei campi o in altri luoghi, ma non è facile trovare in documenti scritti, ritratti di donne nel fervore di un lavoro al di fuori delle mura domestiche o di un lavoro intellettuale. La donna è una presenza dominante nella letteratura laica in volgare del XIII-XIV secolo, ma come destinataria. Tra la massiccia presenza delle donne nella letteratura e la sua incidenza sociale nella realtà storica del tempo, c'è un notevole scarto.

L'istruzione delle donne

A scuola, nei luoghi di studio, nei centri di istruzione superiore le donne erano quasi del tutto assenti. Lo scarto tra il numero di uomini e donne che sapevano leggere e scrivere o le differenze nel carattere dell'istruzione maschile e femminile sono apprezzabili in base alle differenze di ceto. Tra i maschi l'istruzione era più alta, la scolarità più estesa, anche per gli uomini appartenenti ai ceti bassi; tra le donne, quelle di famiglia agiata avevano accesso all'istruzione, ma a differenza dei maschi la formazione si svolgeva in casa o in famiglia. Questo quadro generale sostanzialmente esclude le donne dal mondo della conoscenza ma non mancano segni, frequenti nel tardo Medioevo, di presenze femminili nelle scuole e nei luoghi di cultura.

La lotta per il pane quotidiano

Il lavoro femminile, secondo il risultato di una ricerca svolta in particolare da storici statunitensi e tedeschi, contribuì in larga misura allo sviluppo economico delle città medievali, in particolare dagli inizi del XII secolo con lo sviluppo dell'economia cittadina.

L'attività economica si strutturava in aziende familiari autosufficienti, di artigiani, commercianti e contadini, che cominciarono a rispondere ad una richiesta mediata dal mercato; si dissolse così l'antica economia feudale, in cui i bisogni di un numero relativamente ridotto di signori determinavano la vita e le attività produttive delle famiglie contadine dipendenti. Nelle città si sviluppò nello stesso tempo un artigianato specializzato e autonomo; intrecci economici interregionali e internazionali comportarono un'ulteriore specializzazione e divisione del lavoro. Città e campagna cominciarono a differenziarsi fortemente nelle connotazioni economiche e sociologiche. Si svilupparono ben presto specifici campi di competenza per uomini e donne. Queste ultime erano preposte a mansioni interne: casa, cortile, giardino, cura dei bambini, dei lavoranti, del bestiame minuto e infine il settore della produzione tessile e alimentare e del commercio al dettaglio.

Il lavoro femminile nelle campagne

Le donne erano per la maggior parte impegnate nel lavoro agricolo, anche se in realtà nelle campagne le opportunità di lavoro salariato erano minori che in città infatti le nuove colture e la più diffusa pratica dell'allevamento del bestiame produssero una inaudita richiesta di manodopera libera. Nelle aziende familiari rurali sì potè osservare una divisione del lavoro abbastanza netta tra uomo e donna. La donna si occupava principalmente della casa e di attività a lei connesse: bestiame, produzione casearia e cura dell'orto. Le donne dovevano anche occuparsi delle provviste, in particolare della preparazione del pane e della birra d'uso quotidiano e della fabbricazione di vestiti e biancheria da letto.

La specializzazione del lavoro agricolo fece aumentare l'impegno delle donne nei campi, soprattutto durante il raccolto. L'aratura e la semina erano occupazioni principalmente maschili, mentre la raccolta di cereali ed erbaggi era lavoro non specializzato svolto indifferentemente da uomini e donne. La tosatura delle pecore, il dissodamento e il diserbamento dell'orto, la raccolta del luppolo o la mietitura erano tipici lavori femminili a giornata. Cresce quindi l'impegno delle donne a contribuire al bilancio familiare con attività che andassero oltre la cura della propria casa e del proprio campo. Si distinsero soprattutto nel commercio di generi da esse stesse prodotti, come burro, latte, formaggio, uova, o bestiame ma anche frutta, verdura, stoffa, sapone, che consentivano, oltre al vero e proprio commercio ortofrutticolo, un considerevole guadagno per l'economia familiare.

Le donne e il commercio

Anche in città numerose donne tentarono la via del piccolo commercio di propria produzione, oppure acquistate da terzi, o importate. La quantità degli affari poteva variare enormemente ma erano soprattutto le commercianti organizzate in gilde a lasciare le eredità più consistenti. Si comprava e vendeva quasi tutto ciò che occorreva nella vita di tutti i giorni. Grande e piccolo commercio spesso venivano esercitati da una stessa famiglia; per lo più alle donne era affidato il commercio al dettaglio, mentre gli uomini si muovevano altrove per affari di maggiore portata. Ma il lavoro femminile doveva pur sempre conciliarsi con le esigenze domestiche: doveri familiari e lavoro di produzione dovevano andare di pari passo.

Luoghi di lavoro

La produzione agricola, cui si dedicava la maggioranza della popolazione, sembrerebbe un lavoro puramente maschile, ma compaiono immagini dell'XII e XIII secolo dove la donna è occupata in diversi lavori dei campi. Specialmente nel nord dell'Europa la donna veniva impiegata, al pari degli uomini, nel taglio del grano con il falcetto; ciò nonostante l'iconografia francese e italiana fa supporre che le venissero affidati compiti meno pesanti: l'essiccazione del fieno, la costruzione dei pagliai con un forcone, l'areazione della paglia...

Attraverso lo studio degli scheletri, l'archeologia ha potuto constatare che le donne erano molto più gracili rispetto ai loro compagni, dotati di una forte muscolatura. La raccolta dei frutti impegnava in attività all'aperto molte donne. Colti a mano o fatti cadere in grandi teli, i frutti erano poi raccolti in panieri o nei lembi dell'abito o del grembiule per essere trasportati ai luoghi di lavorazione e di conservazione. In epoca successiva, alcuni manoscritti presentano immagini femminili in atto di raccogliere ortaggi diversi o anche piante medicinali. Di poco precedenti sono le immagini che rappresentano le donne occupate nella cura degli animali domestici, mentre danno da mangiare ai maiali e agli animali da cortile, pascolano le pecore, e le tosano con forbici di ferro. E' sempre lei ad occuparsi della lavorazione del latte; è suo compito la scrematura, la preparazione del burro e dei formaggi. Ma si tratta di attività, come quella della cura dell'orto, molto affini per la loro natura e la vicinanza alla casa, ai compiti domestici.

Dal momento in cui l'allevamento comincia a svolgersi lontano dalla casa, queste incombenze vengono affidate all'uomo.Per quanto riguarda l'arte dei mestieri, è autorizzato l'esercizio di tali lavori solo alle vedove dei maestri, coadiuvate da garzoni pratici del mestiere. Attraverso i registri fiscali possiamo individuare una vasta gamma di attività praticata dalle donne. L'iconografia affidabile fa supporre che la moglie dell'artigiano svolgesse un ruolo essenziale nella commercializzazione dei manufatti. Anche se gli strumenti e i metodi di produzione le restavano estranei essa doveva avere una sufficiente conoscenza delle materie prime e del prodotto finito, perché i regolamenti urbani le accordassero il diritto di continuare a gestire la bottega, una volta divenuta vedova. Vi è un campo della produzione artigianale, comunque, che, quanto meno in un settore, è rimasto per tutto il Medioevo di competenza femminile: quello dei tessili. I testi tramandano immagini dove le donne del castello si affaccendano sotto la direzione della moglie del signore: si fila, si tesse, si approntano le fibre. L'archeologia ha portato alla luce laboratori di tessitura nei villaggi, semplici capanne dove era montato il telaio verticale, distinte dalle case. Quando l'industria della lana si concentra nella città e si diffonde il telaio orizzontale, sembra che la tessitura sia sottratta alle donne e siano loro riservati non i compiti più ingrati come la lavatura e la tintura, ma i più facili, come la cardatura, la filatura, l'aspatura, la tramatura. In Italia l'allevamento dei bachi da seta, la preparazione dei bozzoli, l'aspatura e la torcitura del prodotto sono affidati elle ragazze e alle donne. Si tratta di lavori che vengono esercitati al di fuori della casa, in laboratori di proprietà di un imprenditore. Anche se il prodotto finito veniva il più delle volte destinato al mercato, la preparazione e la filatura delle fibre vegetali, si svolgevano anche tra le mura domestiche.

I reperti archeologici più frequenti sono costituiti da fusaruole in terracotta, fusi e canocchie. Di quest'ultimo oggetto, nell'iconografia, esistono molteplici immagini di canocchie decorate, ma nell'uso corrente doveva trattarsi di un oggetto semplicissimo, un bastone su cui era avvolta la lana pettinata che le contadine portavano spesso infilato dentro la cintura. Più difficile da trasportare della canocchia e del fuso, il filatoio compare solo più tardi, dapprima in città e destinato alla filatura della lana. Sempre rifacendosi ai testi, il cucito rappresenta un'altra attività specificamente femminile e solo nel XV secolo, il mestiere di sarto e tagliatore è passato in mani maschili. I ritrovamenti archeologici di piccole forbici e ditali adatti a dita femminili dimostrano la larga pratica del cucito fra le donne, anche in ambiente rurale. La letteratura romanzata propone nobili dame e damigelle esperte nei ricami e nella tessitura. Le testimonianze relative al lavoro a maglia sono meno frequenti, tuttavia fra il XIII e il XIV secolo troviamo immagini di donne intente nel lavoro con i ferri. L'archeologia ha portato alla luce una modesta quantità di ferri "da calza" e i soli capi d'abbigliamento realizzati a maglia sono berretti per adulti o per bambini, calze e guanti liturgici. Alla fine del Medioevo la tessitura in casa era praticamente scomparsa. La gamma di tessuti in lana o fibre diverse offerta dai mercanti era abbastanza vasta da soddisfare le diverse esigenze della clientela.


L'ambito domestico

{short description of image}

Per la donna del Medioevo la maggior parte del tempo la vede occupata nella cura della famiglia cui essa appartiene per nascita, matrimonio o servitù. Alcuni testi descrivono l'abitazione con quel tanto di precisione sufficiente a individuare all'interno dello spazio domestico la zona più propriamente riservata alle donne. Nel caso del castello di Ardres, costruito da Alfonso II, costituito da una quantità di ripostigli, camere, magazzini, granai e cantine, è importante la posizione centrale della camera coniugale, affiancata da diversi ambienti di rilevante connotazione femminile: camera destinata elle dame di compagnia e stanza da letto dei bambini. Una parte della grande sala signorile, vano in cui si accendeva il fuoco, era adibita alla cura dei malati e all'allattamento dei bambini, uno spazio quindi affidato alla gestione della dama e delle sue damigelle.

Purtroppo, però, non tutte le case erano così; infatti, la casa tipo del XIV secolo è composta da due ambienti, uno che affaccia direttamente su una strada o su un cortile, il secondo accessibile solo passando attraverso il primo. Il primo ambiente sembra destinato esclusivamente alla preparazione e al consumo degli alimenti, come provano i focolari, spesso in numero di due; uno a livello del pavimento e di piccole dimensioni, mentre l'altro può essere un forno o una mola di mattoni adatta alla cottura del pane o delle focacce. Gli utensili ritrovati nelle vicinanze, come padelle e coltelli consentono di ricostruire i gesti della donna di casa china davanti al forno, oppure accovacciata davanti alle padelle per friggere o al paiolo che bolle sul focolare a livello del suolo. Nell'angolo di fronte, la presenza di resti ossei consente di individuare il luogo dove venivano consumati i pasti. L'accensione e il mantenimento del fuoco, la cottura degli alimenti, tutti compiti di competenza delle donne, conferiscono a questa prima stanza una decisa connotazione femminile, confermata ulteriormente dalla presenza di fermagli, bottoni, ditali … (tutti strumenti appartenenti all'universo femminile). Il secondo ambiente, probabilmente oscuro, non sembra sia diviso dal primo con una porta. Da diversi indizi si deduce che le bestie da soma vi passassero la notte, coma del resto gli uomini, e che cani e gatti vi circolavano liberamente e venivano a rosicchiare gli ossi caduti dalla tavola. Vicino al vano della porta, un focolare aggiuntivo dimostra l'integrazione di un tale ambiente nella vita quotidiana. La presenza di cassoni, di grandi contenitori in terracotta, di riserve di cereali e di utensili ne fanno anche una dispensa.

Fortunatamente, per gli ultimi secoli del Medioevo, alcuni inventari di case rurali e urbane consentono di farsi un'idea più meno approssimativa di quanto contenuto nelle e quindi degli oggetti di cui le donne si servivano ogni giorno. Mentre molti poveri sono costretti ad accontentarsi di un pagliericcio buttato in terra, negli ambienti più ricchi si diffonde il letto avvolto da cortine, ricoperto da coperte colorate, talvolta persino foderato di pelliccia. Sono ancora rare le sedie girevoli, che consentono di sedersi davanti al camino, offrendo al calore ora le schiena, ora il volto; d'altra parte sono rari persino i caminetti; sono però abbastanza diffuse le sedie e soprattutto le panche prive di schienale e gli sgabelli. Il tavolo è di uso abbastanza comune in città, ma non è ancora entrato a far parte dell'arredo di tutte le case contadine, spesso sostituito da piccole credenze dove si appoggiano scodelle boccali. Il mobile per eccellenza, adibito a riporre oggetti o provviste, è sempre il cassone, semplice o, in alcuni casi, dipinto o scolpito. Vi si conservano i cereali o altre provviste alimentari, il vasellame in terracotta o in stagno, la biancheria, i vestiti e, fra gli artigiani, attrezzi, bilance e materie prime. Solamente i cittadini più ricchi dispongono di credenze a ripiani per mettervi in mostra il vasellame di stagno o d'argento.

{short description of image}

Reggere la famiglia

Prendersi cura dei figli e dei servi era un'attività prettamente femminile, secondo alcune concezioni aristoteliche pare però che all'interno della famiglia sia posta al centro di ogni rapporto la figura maschile. I predicatori tendono a confinare i compiti della padrona di casa in un generico obbligo d'amore, d'istruzione, e di controllo morale. L'impegno quotidiano della donna non consisteva nell'organizzare il lavoro della servitù, bensì nell'evitare la promiscuità di servi e ancelle, nel sorvegliare momenti di vita comune, nel reprimere ogni sregolatezza salvaguardando la moralità della famiglia. Procreazione e educazione della prole costituiscono uno dei beni del matrimonio e uno degli elementi principali della dignità e stabilità del vincolo. Per la madre la generazione dei figli rappresenta lo strumento per riscattare il peccato di Eva e raggiungere la salvezza, e la forma più naturale che Dio ha predisposto nei confronti del maschio. Il termine matrimonio indica l'insieme delle funzioni materne nei confronti dei figli, in contrapposizione al termine patrimonio, rapporto specificatamente maschile con i beni materiali. La preoccupazione per la sterilità è vissuta come condanna e potenziale elemento di rottura dell'unità di coppia, il timore di generare figli malati o deformi sostiene e rafforza gli interdetti sessuali, l'ossessione della legittimità delle nascite struttura l'intero sistema dei rapporti e dei valori familiari. L'amore che la madre prova per il figlio è così intenso e viscerale da comparire agli occhi dei chierici colpevole perché carnale, passionale, che privilegiando salute e benessere dei figli rischia di perderne le anime. La madre ama di un amore passionale e naturale ma questa naturalità le è rinfacciata come colpa. Il padre ama certamente meno ma di un amore intrinsecamente virtuoso che punta più al perfezionamento dell'anima che al benessere del corpo. D'altro canto i figli riconoscono il padre come un principio attivo della generazione e la fonte dei beni e degli onori che essi sono destinati ad ereditare. L'istruzione morale e religiosa dei figli può essere assolta dalla madre a patto che riesca a controllare e temperare l'amore carnale che nutre per loro, accompagnandolo con un atteggiamento di timore spirituale. Una buona madre doveva soprattutto sorvegliare sulla condotta delle figlie che dovevano essere tenute lontano dalla partecipazione a feste o danze. A seconda del posto che occupano nella gerarchia sociale le madri sono investite di specifiche funzioni educative: le donne borghesi educheranno i figli personalmente, le mogli degli artigiani insegneranno loro le lettere, e cureranno che appena possibile apprendano un mestiere, le mogli dei lavoratori si occuperanno prevalentemente della morale, controllando con attenzione i loro comportamenti.

Governare la casa

Chierici e laici sono d'accordo sul fatto che la casa sia lo spazio femminile per eccellenza. Buona moglie è colei che sta in casa e della casa si prende cura. La contrapposizione di uno spazio interno, chiuso, custodito in cui si colloca la donna ad uno spazio aperto, esterno in cui l'uomo si muove liberamente si precisa nella contrapposizione di due fondamentali attività economiche, la produzione compito del maschio e la conservazione tipicamente femminile. L'unità di marito e moglie è anche complementarietà economica, nella quale ciascuno dei due svolge la sua naturale funzione in vista del comune benessere. La donna quindi amministra i beni e regola il lavoro domestico affidato a servi e ancelle, poi la padrona di casa fila e tesse, cura e pulisce l'abitazione, si occupa degli animali domestici, assolve i doveri di ospitalità nei confronti degli amici del marito, si prende cura dei figli e dei servi. Il lavoro duro e nascosto della donna richiedeva sapienza, diligenza, previdenza e una forza che si manifesta nell'unità delle occupazioni quotidiane. La casa è anche per la donna uno spazio morale, rappresenta infatti la custodia, circoscrive ed isola l'interno preservandolo dai contatti e rischi, è luogo e simbolo della stabilità che esorcizza la vagatio e dei pericoli che essa comporta. Stare in casa vuol dire per la donna mettersi al sicuro da eventuali pericoli, ma anche manifestare le virtù più adatte a rassicurare il marito. Protetta dalle mura domestiche, deve salvaguardare in ogni modo la moralità della propria famiglia, moderando le intemperanze del coniuge e controllando i costumi di figli e servi.

La buona moglie

La letteratura pastorale del XIII secolo mostra una particolare predilezione per Sara, personaggio delle Sacre Scritture che incarna nel Medioevo l'ideale della moglie perfetta agli occhi dei chierici: obbediente, casta, devota, affronta il matrimonio dopo tre notti di preghiera. All'interno dell'ambiente domestico si presenta come nuora rispettosa, moglie fedele, madre premurosa, e irreprensibile padrona di casa, rispecchia quindi colei che riesce a compiere ogni dovere entro i quali i chierici hanno pensato e descritto la vita delle donne sposate. Nonostante siano considerate il gradino più basso della gerarchia sociale, le donne svolgono un ruolo di incontestabile importanza all'interno del modello sociale che il clero stava costituendo ed elaborando. La definizione della natura sacramentale del matrimonio segna sia la conclusione di un lungo dibattito teologico, sia il trionfo del modello ecclesiastico: alla letteratura pastorale spetta il compito di diffondere e popolarizzare la nuova dottrina matrimoniale e, nello stesso tempo, di mantenere una morale della famiglia che tenga conto del valore della scelta coniugale.

Presupposto iniziale per l'elaborazione della morale degli sposi è l'elogio del matrimonio, è stato infatti istituito direttamente da Dio e nel Paradiso Terrestre, divinamente preservato dalla distruzione del diluvio, santificato dalla presenza di Cristo, dalla Vergine e dagli Apostoli alle nozze di Cana. Per la ricerca di modelli di comportamento per la coppia, la chiesa ripercorre infinite volte le Sacre Scritture, cercando di dimostrare sulla parola di Dio il diverso destino della moglie e del marito come successe ad Adamo ed Eva e recuperando gli ammonimenti di Paolo che vedono la posizione della donna in soggezione rispetto all'uomo e la sua importanza solo se collocata all'interno di un ambiente domestico, quindi legata al marito, ai figli e ai servi.

{short description of image}

Onorare i suoceri

A Sara, il primo dovere che le viene ricordato dai genitori è quello di onorare i suoceri. Ciò significa mostrare verso di loro un atteggiamento di reverenza, parole a gesti rispettosi, aiuta in caso di necessità, vuol dire evitare qualsiasi tipo di conflitto ad ogni aggressività, anche verbale. In pratica la donna deve tenere lo stesso comportamento che tiene verso i propri genitori. Non a caso, etimologicamente, il termine suocero deriva dal termine associare, in quanto indica quella particolare forma di affibiazione che introduce la sposa ai genitori del marito, assimilare i suoceri ai propri vincoli di sangue, quindi, se non nel rapporto affettivo, il rispetto e la cura dei suoceri, almeno nell'apparenza esteriore, devono essere svolti sul modello degli obblighi verso i genitori.

Di fatto, il matrimonio è un evento che non unisce solo due persone, ma intere famiglie, che nel medioevo portavano a nuove parentele ed alleanze modificando il panorama sociale e politico della comunità. La coscienza di questa funzione politica del matrimonio è sempre presente: il matrimonio può diventare il punto di forza di una strategia appunto politica. In questo frangente tale rito assume un significato sociale, oltre che religioso. Importante è notare come siano di vitale importanza la concordia o la discordia all'interno del matrimonio, da queste due infatti dipende la pacificazione esterna delle due famiglie, oltre che quella interna dei coniugi stessi. In questo delicato equilibrio la moglie appare come l'elemento essenziale di un'opera di doppia pacificazione: unica responsabile della pacificazione coniugale, che dipende da lei stessa nella subordinazione al marito, ma anche dedita a gestire i buoni rapporti coi suoceri e coi parenti del coniuge. Ciò è dovuto, più che a qualità positive che le sono proprie, alla sua funzione passiva, cioè alla sua docilità e alla sua capacità di sottomissione.

Amare il marito

Il marito è la figura centrale nell'universo della donna sposata, esso è il primo attorno al quale ruota l'intero sistema di valori proposto alle donne coniugate. Parlare delle donne significa inevitabilmente parlare del marito, solo così i componenti della coppia trovano una loro definizione. La moglie è innanzitutto obbligata ad amare il marito, ma parlare di amore coniugale implica precise distinzioni tra due tipi di amore: il primo, l'amore carnale, è alimentato dalla lussuria, dal desiderio, è caratterizzato dall'eccesso e porta a pazzia, gelosia e lascivia; il secondo invece è il vero amore coniugale, un amore in cui i due coniugi sono sullo stesso piano, hanno pari dignità, dal momento che la donna, essendo nata da una costola dell'uomo, non è destinata a fargli da serva, ma da compagna. Così la questione della costola, spesso utilizzata per giustificare l'inferiorità femminile, diventa invece il più importante presupposto sul quale fondare ogni teoria riguardo la parità e la reciprocità nella coppia. Infatti è proprio quest'ultima che garantisce serenità, pace e felicità alla coppia e che rende più forte la fedeltà e attraverso la quale i due riescono a raggiungere la salvezza.

{short description of image}

La questione dell'amore coniugale coinvolge soprattutto i teologi, che dettano le regole per rimanere in costante equilibrio all'interno della coppia. Diverso è per loro l'amore che caratterizza l'uomo. La moglie ama perfettamente quando, accecata da questo sentimento, perde la dimensione della verità, ritiene quindi che nessuno sia più sapiente, più forte e più bello del suo sposo e trova buono e giusto tutto ciò che fa e che dice. Il marito invece non deve essere coinvolto fino a questo punto, il suo deve essere un amore più razionale, più equilibrato, più misurato e mai troppo ardente. L'uomo deve amare con giudizio, non con affetto, senza mai lasciarsi trasportare troppo dai sentimenti, e a testimonianza di questa teoria viene portato l'episodio della mela del peccato, Adamo infatti, per non rendere triste Eva, disobbedì al Signore, travolgendo l'umanità nel peccato.

Ancora una volta viene ripreso Aristotele: se il marito è amato maggiormente è perché può essere più virtuoso, mentre la donna riceve meno amore in quanto naturalmente inferiore, le viene quindi fornita la giusta quantità. La donna, dominata dai sensi e incapace di quell'autocontrollo che invece è proprio del maschio, è condannata ad amare in modo totalmente sbagliato, tentando di adeguarsi a quell'amore limitato e perfetto che le dà il marito. Non solo, ma essa deve farsi amare dal marito per evitare che questo sia preda di quella libidine per arginare la quale è stato istituito il matrimonio, ma allo stesso tempo deve tentare di non farsi amare troppo, per evitare essa stessa di far sorgere quella dannosa libidine. L'atto di amare il marito si traduce nell'obbligo di una volontaria sottomissione, l'esortazione all'obbedienza della moglie è leggibile in ogni tasto medievale, mentre la presumibile parità giustificata nella pagina biblica della costola viene esorcizzata facendo riferimento al peccato originale che ha trasformato questa uguaglianza in sottomissione.

Debito coniugale e fedeltà

In questo contesto di subordinazione femminile l'ultimo baluardo di quella parità coniugale che teologi e moralisti avevano tanto sottolineato rimane l'attività sessuale, peraltro mai riconosciuta come il fondamento del matrimonio. Il cosidetto debito coniugale rimane sia per il marito che per la moglie l'unico oggetto di scambio reciproco e paritario, l'unico ambito nel quale entrambi i coniugi hanno uguale facoltà di chiedere e uguale facoltà di rifiutare. Tuttavia la sessualità viene vissuta soprattutto in rapporto alla dottrina del matrimonio, che ne permette l'uso solo come strumento per generare prole da educare religiosamente o per evitare la fornificazione.

Il controllo della sessualità spetta ad una virtù specifica, chiamata castità coniugale, il che significa mantenere quell'attività entro gli argini fissati dalla dottrina del matrimonio. Il reciproco possesso dei corpi implica l'esclusività del rapporto e quindi l'assoluta fedeltà. Proprio la fedeltà viene presentata come obbligo reciproco dei coniugi, tuttavia nella vita reale non era così, diversa era infatti la concezione di fedeltà nei confronti dell'uomo e nei confronti della donna. Si riconosce infatti come la donna nel XIII secolo riesca a mantenersi più legata alla fedeltà rispetto al marito, è infatti trattenuta da ben quattro custodie: il timore di Dio, il controllo del marito, la vergogna nei confronti della gente, la paura delle leggi, di cui solo il primo vincola il marito. Inoltre si portano anche diverse giustificazioni a difesa di questa tesi, si dice infatti che in primo luogo, da parte della donna, il rapporto con più uomini altera e danneggia l'equilibrio familiare, impedendo e sovvertendo la naturale subordinazione della donna al marito, in secondo luogo si afferma che la frequenza e la diversità dei rapporti ostacola la generazione dei figli, come si vede nelle meretrici che sono più sterili delle altre donne, infine, in terzo luogo, la promiscuità sessuale turba la certezza della paternità perché impedisce ai padri di provvedere diligentemente nel nutrimento e nell'eredità. Tutti i commentatori di Aristotele riconoscono nella fedeltà femminile l'unica garanzia della legittimità della prole e l'unico strumento in grado di rassicurare il marito sulla paternità, la procreazione così, da elemento che legittima l'unione coniugale, si trasforma nella chiave di volta che regge l'intero sistema dell'etica familiare.

Alla fedeltà quasi obbligata e "fisiologica" della donna, corrisponde una fedeltà meno obbligante ma più virtuosa da parte dell'uomo. Anche l'adulterio viene quindi valutato in modo diverso: il maschio, avendo più responsabilità morale, è consapevole di commettere una colpa molto grave, d'altro canto la femmina è condannata in modo più pesante, dato che il suo peccato si ripercuote anche ai danni dei figli. Si rafforza quindi l'impressione che l'obbligo di fedeltà sia ritenuto tale solo per le mogli. Quindi, non più finalizzata a Dio, ma al marito, la custodia del corpo femminile rimane anche per le donne sposate il valore per eccellenza.

Il matrimonio dal punto di vista della donna

La società del Medioevo è improntata all'uomo, le sue espressioni culturali portano il marchio di un predominio maschile, di lotte per il potere di pregiudizi maschili. In questa realtà le donne compaiono sotto forma di idee, idoli, immagini contrastanti tutte prodotte dalla fantasia maschile. Per consentire l'emergere dalle fantasie maschili medioevali di una "Storia di Donne" furono necessari il nuovo movimento femminista e l'interesse specifico delle donne. Questa resta in ogni caso un'impresa per niente facile: la realtà delle fonti varia molto secondo la classe sociale o del modo di vita. Verso la fine del medioevo è fatta più luce sulla condizione della donna contemporaneamente al fatto che numerose figure femminili cominciarono a misurarsi con le penne e pergamene e la produzione e la quantità delle opere scritte tramandateci aumentarono, come d'altro conto le donne che prendono parte a eventi spirituali e intellettuali. Le donne restano lo stesso dominate dall'egemonia maschile in tutti i campi della società, le loro esperienze quotidiane s'imbattono ancora faticosamente nella tendenza maschile all'idealizzazione e alla sottovalutazione. I loro desideri e aspirazioni possono essere intuiti dietro il velo della tutela e della regolamentazione esercitata dai padri, le loro azioni sono così limitate da norme e controlli sociali. Le donne trassero vantaggio dalle situazioni di crisi economiche e dalle epidemie del Medioevo, infatti, questo conferì loro grande mobilità sociale e fece sì che prendessero parte alle innovazioni tecniche nel lavoro nelle campagne e nelle città. Per quanto riguarda i cambiamenti culturali e religiosi i progressi compiuti dalle donne si verificarono ma si rivelarono estremamente fragili e vulnerabili. Si basti pensare al contesto delle selvagge cacce alle streghe, il cui prezzo fu pagato particolarmente dalle donne. La situazione giuridica fu notoriamente avversa alle donne e queste seppero tuttavia confrontarsi con quei limiti così costrittivi, ai quali lentamente riuscirono a sottrarsi.

Aiuto per la salvezza

Nel XIII secolo si diffonde in tardo periodo l'idea di una donna attiva, anche se ancora xxx all'interno delle mura domestiche. Essa viene presentata come l'elemento che può condurre il marito alla salvezza, deve infatti cercare di attenuare i suoi difetti, quind se questo è avaro essa deve fare l'elemosina con i beni comuni, se questo è crudele deve invitarlo alla misericordia, se questo è un rapinatore deve deprecare le sue rapine. La donna assume quindi una funzione santificatrice del marito, così come era stato detto da Paolo. Viene proposto il modello di S.Cecilia che con la sua persuasione, la preghiera e l'esempio, riuscì a convertire il marito perverso e infedele: la "mollezza" tipica della donna, ceh prima costituiva un tratto della sua inferiorità, diventa un elemento su cui puntare per addolcire il marito troppo crudele.

Alla più diffusa interpretazione che vede la donna come collaboratrice dell'uomo ai fini della riproduzione, si affianca il riconoscimento di altre forme d'aiuto: baluardo contro il peccato dal momento che la disponibilità sessuale della moglie consente al marito di evitare la lussuria, compagna esollievo spirituale, aiuto nella gestione familiare. Ma è soprattutto nella letteratura laica che l'aiuto che la moglie deve prestare al marito si fa più intenso, così la regina lo deve aiutare nelle questioni politiche e lo deve incitare ad essere più clemente nei confronti del popolo, nel caso egli fosse crudele, allo stesso modo qualsiasi nobile donna deve riuscire a preservare il suo uomo dagli intrighi della corte. Per le donne di ogni condizione sociale il vincolo matrimoniale si configura come impegno ad aiutare lo sposo in ogni aspetto della sua esistenza, nella vita pubblica e privata, nelle necessità materiali e nelle esigenze spirituali.

La scelta della moglie

Saper scegliere una buona moglie appare il primo presupposto per impostare bene la vita matrimoniale. Diverse sono le posizioni che nel Medioevo vengono prese: per alcuni il compito non è facile, anzi è quasi impossibile se non tramite un diretto intervento di Dio, per altri, che riprendono la politica antimatrimoniale di S.Girolamo, la moglie è in ogni caso fonte di problemi. Per tale scelta quasi del tutto irrilevante è la ricchezza della dote, anche se nella vita quotidiana questo contava molto, a differenza di più importanti beni esteriori, quali buona famiglia, abbondanza di amicizia, buona reputazione. Essenziali sono i costumi onesti, ma neppure i requisiti fisici sono da trascurare, dato che si credeva che i figli ricevessero buona parte dei caratteri fisici della madre. A voce unanime si innalza la teoria che afferma come una moglie debba essere giovane, meglio vergine che vedova, ingenua e senza esperienza, perché possa essere plasmata dal marito. La vedova infatti arriva in famiglia con costumi già consolidati e con figli del precedente matrimonio che possono costituire elementi di tensione che minacciano la concordia coniugale.

I doveri del marito

La discussione degli obblighi reciproci degli sposi si completa solo quando vengono presi in considerazione anche gli obblighi specificatamente maschili: sostentamento, istruzione, correzione. Queste tre prerogative ribadiscono la "naturale" inferiorità della donna nel Medioevo. Il marito ha innanzitutto l'obbligo di mantenere la moglie, tuttavia tale obbligo non ha solo valenza economica, ma nella letteratura pastorale assume anche una sfumatura morale: al marito infatti spetta controllare che la moglie, la quale riceve dal coniuge tutti i mezzi di sussistenza e dipende da lui, non utilizzi la propria ricchezza per collocarsi nella sfera del vano e del superfluo. Il marito che non sorveglia e reprime un ornato eccessivo e superbo è colpevole di alimentare la leggerezza tipica della donna e ne è responsabile. In secondo luogo è l'istruzione un altro importante elemento, il marito deve essere il maestro della moglie, essa ha tutto da imparare dal coniuge, tanto che la figura del marito-maestro domina la letteratura pastorale dal XIII al XV secolo.

Alla moglie deve innanzitutto insegnare l'economia domestica, ma soprattutto deve curarne l'istruzione morale, religiosa, controllarne i costumi e la scelta delle compagnie, deve insegnarle l'arte della cucina, del giardinaggio e istruirla sulle mansioni della perfetta padrona di casa. Obbligo del marito al pari dell'istruzione, la correzione della moglie è segno di vero amore e come tale deve essere accettata di buon grado dalla donna stessa. Anche qui viene considerata da correggere la leggerezza femminile: piazze e mercati dove le donne indugiano in chiacchiere inutili, danze e spettacoli dove la curiosità femminile fa tutt'uno col desiderio di mettere in mostra. La donna deve essere esclusa da ogni occasione di peccato, le devono essere corretti gli atteggiamenti fatui e reprensibili. Nei confronti di queste colpe l'atteggiamennto del marito non deve tuttavia essere troppo severo, dato che l'eccessiva austerità può turbare la pace familiare. Piuttosto devono essere seguite delle tappe: per prima cosa insistere sull'insegnamento della legge divina, poi passare al rimprovero, e solo in ultima istanza ricorrere al bastone. La possibilità tutta maschile della punizione fisica della donna rende evidente lo squilibrio che è presente all'interno della coppia e come quella parità, tanto predicata da teologi e moralisti, sia presente solo nell'ambito della sessualità. Ciò ribadisce e fissa i cardini della disuguaglianza tra uomo e donna.

Il marito padrone

Quella del marito è una figura centrale all'interno della famiglia medievale. La moglie è obbligata a portare allo sposo reverenza, affetto ed obbedienza. Il marito è impegnato nell'amministrazione della casa e degli affari e la moglie deve essere una sua valida collaboratrice per il raggiungimento di un benessere tutto mondano; la principale richiesta del marito alla donna è di perpetuare il lignaggio, mettendo al mondo un cospicuo numero di figli legittimi, sani, forti, belli e maschi.

Il marito ha il compito di gestire gli affari più importanti, registrati in scritture segrete, e si assume totalmente la cura dell'educazione dei propri figli. Il marito è così padrone, guida e maestro della sposa, è una figura ossessivamente presente e dominante, per il quale il matrimonio va affrontato con la stessa avvedutezza con cui si conclude un buon affare e la moglie costituisce l'elemento più prezioso del patrimonio. Anche nella letteratura religiosa s'insiste ancora di più che nel passato sugli obblighi di sottomissione della moglie al marito. Gli scrittori del '400 parlano dei doveri femminili come timore e servizio nei confronti del marito e sottolineano la necessità di un'obbedienza assoluta.

Madri e figli

Le madri avevano il compito di prestare costante attenzione alla condotta dei figli, tenendoli sempre impegnati e castigandoli se irrequieti o frivoli, ma si facevano anche carico della prima istruzione religiosa della prole, insegnando le preghiere fondamentali e reprimendo i peccati domestici, bestemmie, bugie, giuramenti. Il compito fondamentale della donna è quindi introdurre i bambini alle pratiche religiose. I primi anni di vita sono l'unico momento in cui la madre interviene nella formazione del bambino, per circondarlo del suo affetto e delle sue cure. In seguito è il padre a prendersi cura dei figli, per istruirli e indirizzarli agli studia humanitatis.

La donna nella coppia

{short description of image}

Difficilmente la donna viene raffigurata vicino al marito, ma in situazioni particolari quali soggetti di rango elevato, se ne trovano degli esempi. Comunque queste raffigurazioni sono riguardanti l'ambito ecclesiastico e quindi rispecchiano solo in parte la società dell'epoca. Nella società il matrimonio giungeva dall'unione fondata principalmente sull'interesse, quindi la donna era considerata l'oggetto silenzioso di un dono o di uno scambio tra padre e pretendente. Inoltre anche nelle raffigurazioni più illustri la donna, sebbene sia imperatrice, è messa in secondo piano rispetto al marito che fa sfoggio di tutte le sue caratteristiche fisiche e morali. La donna non ha una propria fisionomia e se non è disposta a sposarsi oppure è vedova assume ancora meno importanza nella società.

Le uniche difese che avevano le donne verso le accuse del marito-padrone erano quelle di tacere e ignorare, ma erano obbligate comunque ad obbedire al marito. La durezza di questa struttura patriarcale portò, nel periodo del tardo medioevo, le donne a commettere dei crimini verso il loro coniuge arrivando talvolta anche all'omicidio. La vita coniugale nella città Con la nascita del ceto borghese la figura femminile viene rivalutata perché questo nuovo ceto mercantile non aveva usanze radicate profondamente nella domus. La donna quindi diventa più autonoma e decide lei quando sposarsi. La figura dell'uomo padrone rimane comunque presente e la sottomissione era la regola più importante. Ora le donne potevano essere considerate delle mater-familias e nelle loro case comandavano una schiera di domestiche e servitori. In questo periodo i rapporti tra uomo e donna si addolciscono in quanto essendo proprietari di una piccola bottega rimangono a contatto più tempo, al contrario dei grandi commercianti che per motivi di lavoro sono costretti a lunghi viaggi fuori dalle città. Col tempo alcuni lavori mercantili diventano propri di sole donne come i filati e le tessiture o altri generi alimentari, tanto da scatenare l'ira dei mariti che cominciarono delle lotte che durarono per tutto il medioevo.

L'abito

Anche allora, come oggi, l'abito era segno distintivo di ogni ceto, classe sociale e professione. Se si era una donna, o soprattutto una suora, la Chiesa mostrava che era peccaminoso mostrare i capelli oppure la figura, se si era un contadino, servivano più strati di tessuto di lana per mantenere più caldo il corpo.

Gli uomini indossavano casacche, calzoni, cappuccio e mantello; le donne indossavano una lunga tunica; grembiule, fazzoletto da testa e mantello. Tutti portavano calze o calzamaglia di lana. La biancheria intima era costituita da un ampio camiciotto di lino. I contadini indossavano abiti realizzati con lana o lino grezzi filati in casa, comodi per lavorare. I vestiti dovevano durare anni, poi venivano disfatti per fare abiti ai bambini o venivano regalati ai mendicanti.

La donna nobile si vestiva con un cappello con velo, un corpetto modellato con rinforzi, gonne ampie e molto ricamate, scollature basse. Gli uomini nobili portavano cappelli con foggia (lunga coda), i loro capelli erano accuratamente tagliati ed il loro viso era rasato, portavano un farsetto molto corto, sulle gambe indossavano una calzamaglia aderente e come calzari portavano scarpe a punta. Sacerdoti, monaci e suore, che dedicarono la loro vita alla Chiesa, indossavano abiti che indicavano la loro condizione particolare. Gli alti prelati come i vescovi portavano magnifiche vesti mentre monaci e suore qualunque indossavano semplici tonache nere, bianche o marroni. Le acconciature potevano variare dalla classe sociale, e dalla personalità della persona che le portava. Potevano essere arrotolate con imbottiture e retine per capelli, raccolti sulle tempie, oppure a modo corna coperte da un velo. Una tra le più portate fu la conciatura cono, ma ancora più elaborata era l'acconciatura a farfalla che consisteva in una struttura in filo di ferro colorato che rappresentava una farfalla coperta da un velo.


The traditional ballad:

- Geordie -

The ballad is an anonymous oral form which flourished in the late Middle Ages, it was composed and sung by minstrels, who drew the subjects for their ballads from every day English life, but they celebrated in particular love. Minstrels had to remember the work easily and so the sound aspect was very important, the language was simple and ripetitive not only in the choice of words but also in the syntactic structure. In Geordie there are eight four-line stanzas rhyming abcb and it alternates four-stress and three-stress lines. Alliteration is a recurrent device which helps memorability, produces musicality and emphasises relevant details. A pretty maid wants to ride to London's court where her lover, called Geordie, is being tried for poaching. She wants to save his life, "to plead for the life of Geordie".

In her plead in front of the lords and the ladies she admits she's a poacher. She tries to defend him saying that he never stole any cattle. She has had three children by him but she loves him so desperately that she's prepared to part with them to save his life. The fair maid cannot save her Geordie because he has already been sentenced to death. Geordie will be executed wearing a heavy golden chain as a sign of his royal descent. This pretty maid is desperately fallen in love of his man, Geordie. She pleads for the life of his lover, which had stolen some deers, she's ready to part with her children to take arms up to save Geordie's life. She is very corageous, infact she has faced the judging court with the love's sword. When judges say to her that Geordie has already been sentenced to death, she wants for him a perfect death deserving of him with a golden chain. Infact Geordie has got royal blood and he courted a virtuous lady. She's even ready to fight, if she could do it, for the life of her sweet Geordie: she's very determinate.