
Pagina della "Politica"
di Aristotele (sec.XVIII)

Manoscritto
medievale
della "Politica"

Papiro dell'"Etica" di Aristotele
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Se per Platone lo stato
legale era un male minore rispetto alla irrealizzabilità dello stato ideale
senza leggi, per Aristotele, al contrario, le leggi fanno lo stato, al punto
che una città cambia se cambia la sua costituzione. Di qui deriva
l’importanza di classificare le varie forme di potere, così da fissare i
criteri con cui giudicare se il potere è esercitato nell’interesse dei
governati (allora la costituzione è buona) o nell’interesse dei governanti
(allora la costituzione è cattiva).
Sul tema della sovranità
della legge Aristotele, ponendo la discussione “se convenga essere retti da
un ottimo reggitore o da ottime leggi”, ha parole molto nette a favore della
superiorità della legge. Scrive infatti:
E’
preferibile, senza dubbio, che governi la legge, più che un qualunque
cittadino e, secondo questo stesso ragionamento, anche se è meglio che
governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani delle leggi e
subordinati alle leggi. (…) Quindi chi raccomanda il governo delle leggi
sembra raccomandare esclusivamente il governo di dio e della ragione,
mentre chi raccomanda il governo dell’uomo, v’aggiunge anche quello della
bestia, perché il capriccio è questa bestia e la passione sconvolge,
quando sono al potere, anche gli uomini migliori. Perciò la legge è
ragione senza passione.
Aristotele, Politica, III, 1287 A, tr. it. di R. Laurenti, Laterza, Bari
1993.
La classificazione delle
forme di governo fatta da Aristotele costituisce una delle più celebri
teorie socio-politiche dell’antichità e ha rappresentato uno dei paradigmi
più duraturi nelle discussioni riguardanti le forme del potere politico.
Poiché
costituzione significa lo stesso che governo e il governo è l'autorità
sovrana dello Stato, è necessario che sovrano sia o uno solo o pochi o i
molti. Quando l'uno o i pochi o i molti governano per il bene comune,
queste costituzioni necessariamente sono rette, mentre quelle che badano
all'interesse o di uno solo o dei pochi o della massa sono deviazioni: in
realtà o non si devono chiamare cittadini quelli che non prendono parte al
governo o devono partecipare dei vantaggi comuni. Delle forme monarchiche
quella che tiene d'occhio l'interesse comune siamo soliti chiamarla regno:
il governo di pochi, e, comunque, di più d'uno, aristocrazia (o perché i
migliori hanno il potere o perché persegue il meglio per lo Stato e per i
suoi membri); quando poi la massa regge lo Stato badando all'interesse
comune, tale forma di governo è detta col nome comune a tutte le forme di
costituzione, politica. (E questo riesce
ragionevole: che uno o pochi si distinguano per virtù è ammissibile, ma è
già difficile che molti siano dotati alla perfezione in ogni virtù,
tutt'al più in quella militare, perché questa si trova veramente nella
massa: di conseguenza in questa costituzione sovrana assoluta è la classe
militare e perciò ne fanno parte quanti possiedono le armi.) Deviazioni
delle forme ricordate sono la tirannide del regno, l'oligarchia
dell'aristocrazia, la democrazia della politica. La tirannide è infatti
una monarchia che persegue l'interesse del monarca, l'oligarchia quello
dei ricchi, la democrazia poi l'interesse dei poveri: al vantaggio della
comunità non bada nessuna di queste.
Aristotele, Politica, III, 1279 A-B, tr. it. cit.

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