
Il mito di Pandora
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Esiodo vive tra il secolo VIII e il secolo VII. Il padre, fallita la
sua attività commerciale, abbandona Cuma colonia greca sulle coste
dell'Asia Minore ,
per stabilirsi ad Ascra, dove vive poi il poeta. Si ha notizia di
una lite con il fratello Perse per questioni di eredità, lite che
diventa una delle occasioni del poema stesso.
L'Asia Minore
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Il mito di Prometeo
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Il proemio è dedicato alle Muse e
il poeta si rivolge
al fratello Perse, ricordando che esistono due Eris (cioè due tipi
di contese): una buona che genera volontà di emulazione e una
cattiva che produce litigio e odio. Perse che tenta di corrompere i
giudici per averla vinta sul poeta segue la strada sbagliata
dell'ingiustizia e del sopruso e abbandona quella giusta del duro
lavoro come unico legittimo sostentamento dell'uomo.
Nei versi seguenti (42-105) segue la narrazione del mito di Prometeo
e di Pandora
- furto del fuoco che permette agli uomini di procurarsi i mezzi di
sostentamento

- invio di Pandora come punizione degli dei per gli uomini
- Pandora accolta dallo sciocco Epimeteo
- Pandora apre il vaso dei mali con le funeste conseguenze,
tra le quali "l'aspra fatica"
Nel suo insieme il mito sembra voler dar ragione della necessità per
l'uomo di lavorare per vivere, oltre che della presenza dei mali nel
mondo.
Le opere e i
giorni
Segue poi un altro mito (versi 106-201), quelle delle età o delle
razze umane: all'originaria stirpe dell'oro, seguirono quelle
dell'argento, del bronzo, degli eroi e, infine, l'attuale del ferro.
Questa narrazione non va intesa semplicemente come legata ad un'idea
di decadenza lineare del mondo; infatti ogni razza contiene in sé,
accentuati in modo diverso, elementi negativi e positivi. Inoltre la
perdita dell'innocenza primitiva comporta l'acquisizione di una
consapevolezza che rende capaci di scegliere: il racconto
dell'usignolo e dello sparviero (versi 202-211) ci fa vedere che
presso gli animali la forza è l'unica legge: ma per gli uomini il
comando è quello di seguire la strada della giustizia. La giustizia
proviene da Zeus che ne è il dispensatore, e che ci ricorda che
seguire la giustizia si accompagna necessariamente al lavoro come
unico mezzo lecito per procurarsi
da vivere: l'uomo deve lavorare se vuole abbondanza - l'ozio è
vergogna e chi ruba è punito dagli dei.
L'opera solo apparentemente si pone come una sorta di manuale
destinato a chi
coltiva i campi: in realtà lo scopo è quello di dare un fondamento
etico alla necessità e virtù del lavoro, secondo il vivere retto che
è un aderire con la propria vita al disegno di giustizia fondato da
Zeus. |