Prime
influenze
A
Strasburgo ebbe due incontri
che sarebbero stati molto
importanti nella sua vita
e determinanti per la
sua opera letteraria.
Il primo fu quello con
Friederike Brion, figlia
di un pastore protestante,
che Goethe amò e che avrebbe
fornito il modello per
vari suoi personaggi femminili,
compreso quello di Margherita
nel Faust. Il secondo
fu l'incontro con il filosofo
e critico letterario Johann
Gottfried von Herder con
cui strinse amicizia:
Herder lo portò a sottrarsi
all'influenza del classicismo
francese, ligio alla concezione
aristotelica dell'unità
di tempo, di luogo e di
azione, cui doveva attenersi
la tragedia, e lo introdusse
all'opera di Shakespeare,
in cui proprio il mancato
rispetto delle tradizionali
unità contribuisce all'intensità
drammatica. Herder, inoltre,
indusse Goethe ad approfondire
il significato della poesia
popolare tedesca e delle
forme dell'architettura
gotica quali fonti di
ispirazione letteraria.
Gli
insegnamenti di Herder
si tradussero nella tragedia
Götz di Berlichingen
(1773), che Goethe scrisse
a Francoforte, dove era
tornato una volta conclusi
gli studi giuridici. L'opera
prende a modello Shakespeare
e ha come protagonista
un cavaliere del Cinquecento,
in rivolta contro l'autorità
dell'imperatore e della
Chiesa, e anticipa i fremiti
libertari che sarebbero
stati l'anima del movimento
Sturm und Drang, antesignano
del romanticismo tedesco.
Quando
nel 1771 si trasferì da
Strasburgo a Wetzlar,
per fare pratica presso
il tribunale, Goethe visse
una fase d'irrequietezza
sentimentale: nel 1774
dedicò a un amore impossibile
il romanzo epistolare
I dolori del giovane
Werther, che ebbe
vasta eco non soltanto
sullo sviluppo del romanzo
tedesco, ma anche nel
mondo letterario del tempo
(vi si ispirò Ugo Foscolo,
quando nel 1798 scrisse
la prima versione delle
Ultime lettere di Jacopo
Ortis); analoghe ispirazioni
pervadono i drammi Clavigo
(1774) e Stella
(1775). Negli stessi anni,
Goethe compose numerosi
saggi letterari e teologici,
varie liriche, e soprattutto
la prima versione del
Faust, il cosiddetto
Urfaust ("Faust
originario").
Gli
anni di Weimar
Nel
1775 il diciottenne Karl
August, duca di Weimar
chiese a Goethe di fargli
da precettore. Nel primo
decennio a Weimar Goethe
dimostrò straordinarie
capacità di organizzatore
e amministratore, rendendo
la piccola capitale un
vivace centro culturale
dove affluirono alcuni
fra i migliori ingegni
del tempo, tra cui Herder
e Christoph Martin Wieland;
inoltre si dedicò allo
studio di varie scienze
(botanica, mineralogia,
osteologia, ottica), continuò
a elaborare il Faust,
compose la prima stesura
della Vocazione teatrale
di Wilhelm Meister
e iniziò la versione in
prosa dell'Ifigenia
in Tauride, che avrebbe
riscritto in versi nel
1787. A Weimar infine
ebbe un'appassionata storia
d'amore con Charlotte
von Stein, moglie di un
ufficiale e donna di grande
fascino e intelligenza,
che gli ispirò liriche
e ballate.
Il
viaggio in Italia
Tra
i diversi motivi che nel
1786 indussero Goethe
a partire per l'Italia
vi fu il desiderio di
allontanarsi dalla corte
di Weimar e da Charlotte
von Stein, ma soprattutto
la brama di trovare nuovi
stimoli e di dare nuovi
orizzonti alla sua vena
poetica, al contatto dell'arte
e della cultura italiana,
in particolare di quella
classica. Dopo aver visitato
le città dell'Italia settentrionale,
la Sicilia e Napoli, Goethe
si stabilì a Roma dove
rimase fino al 1788. Si
dedicò con fervore a studiare
l'arte, l'architettura
e la letteratura della
Grecia, di Roma e del
Rinascimento, che gli
suggerirono forme di mirabile
equilibrio per esprimere
il fremito e la tensione
della passione autentica.
Di questo incontro resta
affascinante testimonianza
Il viaggio in Italia,
che venne pubblicato molti
anni dopo (1816 e 1829).
Risalgono al soggiorno
italiano e alle sue suggestioni
la versione in giambi
dell'Ifigenia in Tauride,
i drammi Egmont
(1788) e Torquato Tasso
(1790); le Elegie romane
(1789); gli Epigrammi
veneziani (1790) e
alcune scene del Faust.
Il
ritorno a Weimar
Al
ritorno a Weimar (1788)
Goethe trovò un'atmosfera
ostile nei circoli letterari,
mentre a corte mal si
accettava la sua relazione
con Christiane Vulpius,
una giovane che nel 1789
gli diede un figlio e
che egli avrebbe sposato
nel 1806. Malgrado tutto
rimase a Weimar, trattenuto
da due motivi d'interesse:
la direzione del teatro
ducale, che tenne dal
1791 al 1813, e la possibilità
di perseguire meglio che
altrove gli studi scientifici,
cui si dedicò con rinnovato
ardore. Risalgono a questi
anni vari scritti di anatomia
comparata (1784), di botanica
(1790) e due volumi di
ottica (1791 e 1792).
Fu
l'amicizia con Friedrich
von Schiller a riavvicinare
Goethe alla letteratura
e dalla loro collaborazione,
durata dal 1794 alla morte
di Schiller nel 1805,
scaturirono numerose composizioni
liriche ed epiche, l'idillio
in esametri Arminio
e Dorotea (1797),
il dramma La figlia
naturale (1802), la
seconda versione del romanzo
Gli anni di noviziato
di Wilhelm Meister
(1796), che avrebbe costituito
un modello narrativo per
la successiva produzione
letteraria tedesca, inaugurando
il genere del romanzo
di formazione (Vedi
Bildungdsroman) e soprattutto,
su incoraggiamento di
Schiller, la versione
definitiva del Faust
(la prima parte fu pubblicata
nel 1808).
Gli
ultimi anni
Dal
1805 e fino alla morte,
Goethe visse anni di intensa
creatività. I grandi avvenimenti
storici della sua epoca
– la Rivoluzione francese,
che considerò con un certo
sospetto vedendovi non
tanto l'espressione di
un'istanza di libertà
quanto lo scoppio incontrollato
di forze oscure e disordinate;
la fortuna di Napoleone,
che ammirava; gli sforzi
per l'unificazione della
Germania, considerati
con indifferenza, se non
con ostilità – trovarono
in lui un osservatore
attento ma non appassionato.
Fra gli scritti di questi
anni sono il romanzo Le
affinità elettive
(1809); Gli anni di
pellegrinaggio di Wilhelm
Meister (1821, riveduto
nel 1829); l'autobiografia
Dalla mia vita. Poesia
e verità (1811-1833);
la seconda parte del Faust
(pubblicata postuma nel
1832).
Il
Faust
In
quest'opera, che è il
suo indiscusso capolavoro,
Goethe riprese il soggetto
di una leggenda popolare
molto diffusa in Germania
e che in Inghilterra era
già stata soggetto di
una rielaborazione teatrale
da parte del poeta elisabettiano
Christopher Marlowe. La
storia ha come protagonista
uno studioso, Johann Faust,
che, ormai vecchio, tentato
dal demonio Mefistofele,
vende la propria anima
in cambio di giovinezza,
sapienza e potere. Ora
Faust, onnipotente, può
disporre delle sorti altrui:
porta alla follia e alla
morte una povera fanciulla,
Margherita; poi inizia
a diabolica esercitare
la sua influenza presso
le corti principesche
del gran mondo. E benché
tutto sembri congiurare
alla dannazione di Faust,
la pietà divina riconosce
il desiderio di bene che
è stato all'origine di
tanto peccare: la stessa
Margherita intercede per
Faust, simbolo ormai dell'umanità
stessa e del suo cammino
verso la redenzione.
L'opera,
allegoria della vita umana
nell'intera gamma delle
passioni, delle miserie
e dei momenti di grandezza,
afferma il diritto e la
capacità dell'individuo
di voler conoscere il
divino e l'umano, la capacità
dell'uomo di essere "misura
di tutte le cose",
e mostra il cammino percorso
da Goethe dagli anni inquieti
dello Sturm und Drang
fino alla compostezza
classica delle forme e
alla saggezza della maturità.