Una fonte poetica: Catullo e Verona.
CATULLO SCRIVE A CECILIO

LATINO

Poetae tenero, meo sodali

Velim Caecilio, papyre, dicas,

Veronam veniat, Novi relinquens

Comi moenia Lariumque litus;

Nam quasdam volo cogitationes

Amici accipiat sui meique

Quare, si sapiet, viam volabit,

Quamvis candida miles puella

Euntem revocet manusque collo

Ambas iniciens roget morari.

Quae nunc, si mihi vera nuntiantur,

Illum deperit impotente amore;

Nam quo tempore legit incohatam

Dindymi dominam, ex eo misellae

Ignes interiorem edunt medullam,

Ignosco tibi, Sapphica puella

Musa doctior; est enim venuste

Magna Caecilio incohata mater.

ITALIANO

Al tenero poeta e mio amico

Cecilio rammentati, papiro,

di invitarlo a Verona abbandonando

Como e le sue mura e il suo lago

certi sogni segreti di un amico

di entrambi ardo tutto di contargli.

Se ha senno, la strada, d'un sol fiato si

farà, a dispetto della splendida ragazza

che mille volte lo richiama nel partire

scongiurandolo, tra abbracci, di restare

specie ora che, a dar credito alle voci,

per lui si strugge di un amore disperato.

Dacchè lesse i primi versi della Dea

di Dindimo, un fuoco, infatti, la divora,

geloso, poverina, fin nell'intimo,

ti compiango, troppo esperta della Musa

di Saffo, fanciulla: d'arte eccelsa

s'annuncia il poema di Cecilio alla Gran Madre.