VERONA CITTA'

Pianificazione urbana, mura, archi e porte 

L’IMPIANTO URBANO

È generalmente datato attorno al 47 a.C. sulla base dell’iscrizione murata nel pilone mediano della facciata settentrionale più antica della porta dei Leoni che rinvia i magistrati del municipium la costruzione delle mura, delle porte, delle cloache, cioè delle principali opere dell’impianto.Uno studio in via di pubblicazione, partendo dal riesame del testo, è giunto alla conclusione che si possa anticiparne la datazione almeno ad età cesariana. Questa ipotesi che potrebbe trovare appoggio nell’evidente disorganicità strutturale della porta, indizio di una collocazione più avanzata nella serie di tali monumenti, non è, però, comprovata da testimonianze archeologiche: l’esame delle trincee di fondazione di alcuni tratti della cinta e del tempio capitolino, pure riferibile alla fase iniziale dell’urbanizzazione, non ha dato alcun materiale. Inoltre sia le indagini sistematiche che gli interventi di recupero effettuati in questi anni in punti del centro storico,non hanno evidenziato contesti di età romana databili ai primi decenni del primo sec. a.C. solo nello scavo del cortile del tribunale sono stati individuati di muri di ciottoli che potrebbero essere anteriori alla metà del secolo, ma la cosa attende verifica dall’analisi del contesto ceramico. LA CINTA MURARIASui lati sud-ovest l’impianto, per il resto protetto dal fiume, venne chiuso da mura. La cinta tardo repubblicana ha uno sviluppo lineare di m 940. il suo percorso, che sarà poi ricalcato dalla cinta gallieniana, si articola in due settori. Quello sud ovest, arretrato circa m 10, l’allineamento di via Diaz, dove ne è visibile un tratto in palazzo Benciolini vicolo S. Andrea, corte farina vicolo del guasto, dove pure ne sono in luce avanzi, piazza S. Nicolò, via Frattini. Poco prima di via Leoncino le mura piegavano verso sud-est, per ricollegarsi all’Adige con un tracciato che è all’incirca quello di via Leoncino - via Amanti. Resti di questo secondo settore sono ispezionabili nel cortile dell’istituto Leopardi, in via Leoncino 14, a porta Leoni, mentre una parte ridotta alle fondazioni, in busto conglomerato di ciottoli di fiume , è stata rinvenuta in via Amanti. L’elevato, largo della base m 3,60, è in mattoni sesquipedali. Un recentissimo tentativo di ricostruzione lo riconosce assai simile a quello delle fortificazioni di Torino: dopo lo zoccolo di quattro filari e le due riseghe iniziali di due, il fronte verso l’agro si alzava scandito da una serie irregolare di riseghe, secondo una tecnica edilizia che in ambiente centro italico è comune in questo tipo di manufatti già dagli inizi del primo sec. a.C. e che in Gallona Cisalpina è documentato nel corso del primo sec. a.C. . il parlamento interno aveva profilo rettilineo. Nella cinta si aprivano due porte principali, rispettivamente all’estremità sud ovest del decumano e sud-est del cardine massimi.      Sopra un'immagine di porta Leoni a Verona.Solo la seconda, la cosiddetta porta dei Leoni, è ben leggibile, conservandosene resti notevoli. Interamente in mattoni, l’edificio venne realizzato contemporaneamente alle mura, come prova il fatto che le due strutture, lungo il fianco occidentale della porta, risultano strettamente connesse nelle fondazioni e per i primi corsi laterizi. Era quadrato con corte centrale rettangolare, doppi fornici nelle facciate e gallerie ai piani superiori.  Agli angoli del fronte meridionale si levavano due imponenti torri poligonali a 16 lati. Appena oltre queste avveniva la saldatura con le mura.Uno studio assai recente ha inteso precisarne la planimetria, già relativamente ben nota dagli studi di Khaler, e delinearne, pur con numerose incertezze l’alzato. Sopra robustissime fondazioni in conglomerato di ciottoli, impostava una muratura massiccia, spessa, alla quota del vero e proprio elevato, m. 3,70/3,20.

Sopra la trascrizione di un'incisione su porta Leoni

Al piano inferiore essa era interrotta solo dai fornici e forse da stretti passaggi, situati agli estremi meridionali dei fianchi, per l'accesso alle torri e da queste, mediante un sistema di piani e scale lignee, ai piani superiori. In questi trovano posto due gallerie, l'inferiore comunicante con il camminamento merlato delle mura a circa 8 metri sopra il livello antico. Le gallerie e le torri prendevano luce da una serie di finestre voltate. Nella facciata settentrionale, all'ultimo piano, le quattro finestre centrali erano sostituite da un ampio loggiato d'ordine dorico. Questo prospetto risultava, quindi, più articolato e complesso di quello dell'interturrio, che, con la sua probabile doppia serie di finestre, stretti tra pesanti torrioni, rinforzati alla base da un anello di tredici riseghe, si può immaginare severo e uniforme, salve qualche nota cromatica, dovuta all'impiego di materiali edilizi diversi. Un tetto con orditura lignea concludeva l'intero edificio, alto complessivamente circa 13m. E' incerto se l'apparato decorativo fosse presente su tutti i lati o limitato ai prospetti principali. Sicuramente appariva sobrio, come documenta quanto rimane della facciata settentrionale: l'impiego di elementi di architettura applicata era scarsa e la decorazione era praticamente ridotta alle sole decorazioni del marcapiano. L'ordine prevalente era ionico, al secondo piano, nel fregio, e nel terzo, nel loggiato, faceva la sua comparsa il dorico. GLI ARCHIPREFAZIONESpesso ci imbattiamo nei resti di civiltà passate, che nei secoli hanno lasciato la loro testimonianza attraverso imponenti opere e monumenti, dei quali non sempre conosciamo origine e significato. attraverso gli archi trionfali e le porte ubiche, ancora oggi la civiltà romana ci fa trasparire la sua antica potenzaL'ORIGINE DELL'ARCOil problema dell'origine dell'arco trionfale romano, ha dato luogo a molte discussioni ,che hanno affrontato il problema da punti di vista diversi e contrapposti.

  • Acquisizione diretta dalla cultura e dalle tradizioni architettoniche dell'ellenismo greco orientale.

  • Collegamento dell'origine degli archi con uso dei fornici e delle porte arcuate delle città etrusche e romane.

  • Sviluppo della tradizione indigena di carattere religioso e trionfale.   

L'arco rappresentato qui sopra è l'arco dei Gavi che prende il nome da una nobile famiglia romana ed ha per struttura essenziale un cubo rettangolare con l'asse maggiore sul fronte, attraversato da parte a parte da una volta a botte impostata su pilastri portanti che la rinfrancano. La volta copre il breve passaggio che attraversa la massa dell'edificio che così risulta più alto che profondo. Il blocco superiore alla volta, generalmente in forma d'attico costituisce il basamento delle statue. nei monumenti a più fronti, realmente o idealmente concepiti a cavallo di una via, il tipo con un solo fornice è di gran lunga prevalente, specialmente nei territori occidentali dell'impero. Accanto ad esso si afferma, con particolare riguardo ad edifici di maggiore importanza e ricchezza, un tipo più complesso a triplice passaggio, nel quale generalmente il fornice centrale è più ampio e più largo dei laterali. I vari esempi con doppio fornice si incontrano esclusivamente all'ingresso di città, su porti e su moli: si può ritenere che la loro forma si influenzata dal modello delle porte urbane con due passaggi, e pertanto estranea alla tipologia caratteristica degli archi onorari e trionfali.

 

BIBLIOGRAFIA www.archionthenet.com I SEGNI DELLA VERONA ROMANA (1986). Edizioni cassa di risparmio A cura di: Maria Marchi, Nino Cenni, con la consulenza di Lanfranco Franzoni 

 
Redatto da: Filippo Moro, Marco Zoccatelli e Filippo Mazzi.