Gli
autori sotto elencati
sono solo alcuni dei numerosi
che hanno trattato Verona
nelle loro opere.
Abbiamo riportato una
breve biografia e, per
quanto riguarda Strabone,
abbiamo citato un breve
passo della sua opera
"Geografia"
riguardante il territorio
Veneto in età Romana.
PLINIO
IL GIOVANE(Como 62 ca-?112d.C.)
Oratore,
letterato e funzionario
romano; le sue lettere
forniscono una preziosa
testimonianza della vita
durante il I secolo d.C.
Alla morte del padre fu
adottato dallo zio Plinio
il Vecchio il quale, nel
79, gli diede il proprio
nome. Studiò a Roma sotto
la guida del famoso oratore
Quintiliano. Ricoprì numerose
cariche ufficiali fra
cui quella di tribuno
militare in Siria, dove
frequentò la scuola degli
stoici; gli venne "quaestor
Caesaris", pretore
e nel 100 fu nominato
console. Celebre fra i
suoi contemporanei per
la grande abilità oratoria,
c'è pervenuto uno solo
dei suoi numerosi discorsi:
il"Panegyricus",
elogio dell'imperatore
Traiano, non privo però
di severi ammonimenti.
Intorno al 111 fu nominato
governatore della provincia
della Bitinia, incarico
che svolse per quasi due
anni. Non è certo se sia
morto in Bitinia o subito
dopo il ritorno a Roma.
Si sposò tre volte, ma
morì senza eredi.
Plinio
scrisse e pubblicò nove
libri di "Epistulae",
e un decimo libro, pubblicato
postumo, contenente la
corrispondenza ufficiale,
diretta all'imperatore
Traiano, quando gli ricopriva
la carica di governatore
della Bitinia. Si deve
al suo epistolario se
Plinio, oggi considerato
uno dei maestri dello
stile epistolare, ha un
posto nella storia della
letteratura. Le lettere
private, molte delle quali
furono indubbiamente scritte
o riviste con la certezza
di una successiva pubblicazione,
forniscono un importante
quadro della vita dello
scrittore e dei suoi contemporanei.
In esse, Plinio appare
come un generoso filantropo,
interessato alle attività
culturali, alle arti e
all'architettura, desideroso
della gloria letteraria.
Tra le lettere di maggiore
interesse vanno ricordate
le due epistole all'amico
Publio Cornelio Tacito,
che narrano dell'eruzione
del Vesuvio, e un'altra
indirizzata a Traiano,
che tratta della politica
da adottare nei riguardi
dei cristiani.
SILIO
ITALICO (? 25 ca- Campania
101 d.C)
Poeta
latino. Una lettera di
Plinio il Giovane illustra
la sua vita: delatore
sotto il principato di
Nerone, fu da questi eletto
console nel 68; seppe
cancellare questa macchia
con un lodevole proconsolato
in Asia (77) sotto Vespasiano.
Ritiratosi dalla vita
pubblica, si dedicò allo
studio delle lettere e
professò un vero e proprio
culto per Virgilio, di
cui raccolse i più disparati
cimeli con passione antiquaria.
E del gusto per la curiosità
sono permeati i diciassette
libri dei "Punica",
poema Epico sulla seconda
guerra Punica, dall'assedio
di sagunto alla vittoria
di Scipione a Zama. Se
il metodo annalistico
del racconto propone il
parallelo con Ennio, risulta
sicura l'utilizzazione
sistematica della terza
deca di Tito Livio, mentre
l'impianto stilistico
vuole riferirsi a Virgilio.
Secondo Plinio, componeva
i suoi versi "con
più cura che ingegno".
Nel 101 si lascia morre
di fame.
STRABONE
(Amaseia Pontica 63 a.C
- 24 d.C.)
Geografo
e storico greco. Risalì
il Nilo nel corso di una
spedizione guidata da
Elio Gallo, prefetto romano
dell'Egitto; visse poi
molti anni a Roma. Si
sa poco della sua vita,
ma egli sosteneva di aver
viaggiato dall'Armenia
alla Sardegna e dal Mar
Nero fino ai confini dell'Etiopia.
Sono rimasti solo pochi
frammenti della sua grande
opera storica in 43 libri,
che andava a integrare
quella di Polivio. La
sua "geografia",
in 17 libri, che descrive
in modo dettagliato il
mondo allora conosciuto,
ci è pervenuta quasi completa.
Pur avendo scarse conoscenze
in matematica e astronomia
e ben che dia poca importanza
all'analisi dei fattori
climatici e dei fenomeni
naturali, quest'opera
è una miniera di notizie,
un prezioso trattato di
geografia storica e di
teoria della geografia.
Nel
breve passo sotto citato
viene menzionata prima
la regione Veneto e le
popolazioni che l'abitavano
e poi viene fatto un confronto
fra Milano e Verona.
"Anticamente,
dunque, la regione intorno
al Po era abitata per
la maggior parte dai Celti.
Le stirpi più importanti
fra i Celti erano quelle
dei Boi e degli Insubri.
Questi popoli furono completamente
distrutti dai Romani e
i Boi furono cacciati
delle proprie sedi. Essi
andarono a insediarsi
nelle regioni dell'Istro
e qui abitarono insieme
con i Taurisci, combattendo
contro i Daci finchè tutta
la loro stirpe fu sterminata.
Abbandonarono così, come
pascolo per i popoli vicini,
quella terra che faceva
parte del Illiria. Gli
Insubri ci sono ancora
oggi. Essi avevano come
metropoli Mediolanum (che
anticamente era un villaggio)
ora è una città importante.
Nei pressi poi c'è Verona,
anch'essa una grande città".
MARZIALE,
MARCO VALERIO (Bilbilis,
Spagna 40 ca- 104)
Poeta
latino, uno dei maggiori
epigrafisti del mondo
antico. Intorno al 64,
in cerca di fortuna si
trasferì dalla natia Spagna
a Roma, dove, nonostante
le amicizie influenti
e il favore degli imperatori
Tito e Domiziano, condusse
una vita precaria e assillata
dalle necessità economiche.
Il cosiddetto "Liber
de spectaculis" celebra
e descrive con dovizia
di particolari realistici
le manifestazioni organizzate
da Tito per l'inaugurazione
del Colosseo nell'anno
80.
La
fama di Marziale si deve
principalmente ai 12 libri
di "Epigrammi"
(pubblicati tra l'86 e
il 102). In questi libri
sono contenute oltre 1500
brevi composizioni dalle
svariate forme metriche
in cui la debolezza dell
natura umana vengono
attaccate con ironia e
crudezza e che rivelano
una visione cinica e disperata
del mondo. In alcuni di
questi epigrammi viene
espresso il disappunto
per l'avarizia dei protettori,
in altri vengono pubblicamente
chiesti prestiti o doni;
quelli rivolti a Domiziano
appaiono insinceri e adulatori.
Non mancano neppure sentimenti
delicati e profondi, come
l'affetto nutrito per
gli amici, l'amore per
l'infanzia e per la natura.
Molto efficaci sono i
rapidi ritratti, estrosi
e caricaturali, dei più
diversi tipi umani: poeti
e filosofi da strapazzo,
ciarlatani, arrivisti,
donne corrotte e viziosi
di ogni genere che affollavano
la città. Il linguaggio,
in apparenza semplice,
è invece raffinato e molto
studiato, sia nel lessico
che nella struttura sintattica.
Nei suoi versi si intravede
un vivido affresco della
Roma imperiale della seconda
metà del primo secolo
e insieme costituiscono
un modello molto innovativo
per l'epigrammatica successiva.
VITRUVIO
Vitruvio,
architetto e trattatista
romano, vissuto tra l’età
di Cesare e i primi anni
del regno di Augusto.
La
sua opera in dieci libri
De Architectura
fu scritta tra il 25 e
il 23 a.C., quando Augusto
- cui è dedicata - intraprendeva
un grandioso programma
di costruzioni pubbliche
a Roma e nell’impero.
Il trattato costituisce
una fonte essenziale per
la conoscenza delle tecniche
edilizie, dei materiali
da costruzione, delle
tipologie degli edifici
pubblici e privati, dell’urbanistica
e dell’agrimensura degli
antichi romani.
Ispirandosi
ai trattati di Ermogene
e di altri celebri architetti
greci, Vitruvio elaborò
una concezione umanistica
dell’architetto che, a
suo parere, doveva unire
all’esperienza specialistica
un’ampia cultura generale.
Lucio
Vitruvio Cerdone lavorò
a Verona come architetto
dopo l’età volgare. Il
suo nome è inciso due
volte sul fòrnice dell’Arco
dei Gavi, antica famiglia
ricca di Verona.
I
VENETI (Citazioni
di autori vari)
Non
è facile cogliere il pensiero
dei Romani del III Secolo
sugli abitanti di quello
che Livio chiamò "Venetorum
Angulus" (angolo
dei Veneti). Fabio
Pittore, che visse gli
avvenimenti del 225, parlava
della Cisalpina, ma la
sua opera è perduta. Quindi
dobbiamo rivolgerci ancora
una volta a Polibio. Egli
tocca vari aspetti del
territorio e delle genti
che vi risiedevano. Dopo
aver ricordato molte tribù,
conclude in questo modo:
"un'altra stirpe
molto antica occupò le
terre contigue che si
protendono verso l' Adriatico:
sono chiamati Veneti,
per costumi e modo di
vita poco diversi dai
Celti, ma parlano un'altra
lingua, i tragediografi
hanno scritto molte cose
in loro proposito e hanno
divulgato tante frottole".
Oltre alla descrizione
delle somiglianze con
i Celti emerge anche un
passo di critica sulla
troppa produzione letteraria
riguardante i Veneti.
Polibio considera frottole
le notizie dei tragediografi
mettendosi in aperta polemica
con lo storico Timeo,
definendo "materia
tragica" i racconti
dei Greci sul fiume Po
e sul mito di Fetonte.
Oggi prevale l'opinione
che Polibio si riferisce
in special modo a un grande
tragico ateniese, Sofocle.
Non è da escludere però
che egli coinvolgesse
nella critica tutti quelli
che, storici o poeti,
avevano dato credito a
una serie di leggende
sui Veneti. Siamo certi
che "le frottole"
riguardassero sia le tradizioni
sul passaggio degli Eneti,
Paflagoni dall'Asia minore
all' Alto Adriatico sia
la fusione di questi dati
leggendari con la saga
antenorea. A causa dello
scetticismo di Polibio
nei confronti di episodi
mitici, nella sua opera
non è espressa, ma solo
lasciata intendere un'idea
che invece riscosse successo
e venne usato in senso
politico: l'origine troiana
dei Veneti. E' impossibile
determinare quando i Romani
abbiano accolto tale leggenda.
Catone definisce i Veneti
"troiana stirpe orti"
(nati da stirpe troiana).
La
vittoria Romana sui Cimbri
comportò l'acquisizione
di Agro Pubblico della
Cisalpina. Saturnino propose
di assegnare la terra
in quanto non apparteneva
più ai Galli, ma a Roma.
Allora se con la frase
"in quella terra
che ora dai Romani è chiamata
Gallia" si allude
in particolare alla Transpadania,
potremmo circoscrivere
la zona divenuta "Ager
Publicus Populi Romani"
nella regione occupata
dai Cimbri, cioè nel Veronese
e forse anche più a sud.
Bibliografia:
-
M. Capozza, \"La
voce degli scrittori antichi",
Edizioni della banca popolare
di Verona
-
Strabone,"La Geografia"
-"Enciclopedia
Multimediale Encarta 2000"
-
Enciclopedia Microsoft(R)
Encarta(R) 99.
-
VERONA E IL SUO TERRITORIO.
VOLUME I . ISTITUTI PER
GLI STORICI VERONESI.
|