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 Il tempo e la sua misura (*)


Che cos'è il tempo?

Se nessuno me lo chiede, lo so. Se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so  è la risposta che ciascuno di noi potrebbe dare con S. Agostino a questa domanda.
Forse non dovrebbe più sorprenderci il fatto che qualcosa di estremamente familiare come il tempo possa rivelarsi, se ci riflettiamo sopra, un autentico problema. A noi tutti sembra di sapere perfettamente che cos'è il tempo, che scandisce a suon di secondi e minuti e ore il ritmo della nostra vita. Il tempo fa così parte della nostra quotidianità che sembra ben lontano dal costituire un problema filosofico. 

Nel film di Stanley Kubrick 2001 Odissea nello spazio  (1968) si 
confondono
intuizioni profetiche, riflessioni sull’uomo, la macchina,
 il tempo, la vita
.

E' una questione che appare semplicissima eppure ci elude tutti.

 

Il tempo per gli antichi

Tra i popoli antichi erano diffuse concezioni del tempo molto diverse dalle nostre. 
Dobbiamo pensare che le civiltà arcaiche non disponevano di sistemi di misurazione del tempo tecnicamente sofisticati quanto i nostri (per quanto le loro conoscenze scientifiche fossero talvolta sorprenden- temente avanzate). 

Il tempo veniva misurato dal ciclico alternarsi del giorno e della notte, delle fasi lunari, delle stagioni.
Si trattava infatti di civiltà in cui era forte il legame con la natura, fonte di tutti i mezzi di sostentamento. Per loro procurarsi il cibo significava  capire in che fase lunare va seminato un certo cereale o albero da frutta, in che stagione certi animali possono essere cacciati con maggiore successo ecc.

Tempo ciclico e tempo rettilineo

Nelle civiltà arcaiche erano dunque diffuse le concezioni cicliche del tempo, che possono essere rappresentate da un cerchio: il tempo non ha una direzione, ma si ripete nell'eterno ciclo sempre uguale delle stagioni.
La divisione del tempo in anni viene determinata, presso la maggioranza delle civiltà premoderne, dai rituali che governano il rinnovamento delle riserve alimentari e garantiscono la continuità della vita. 
Dunque, il nuovo anno equivale al momento in cui il nuovo raccolto può essere utilizzato da tutta la comunità. In società dove vengono coltivate diverse specie di cereali e di frutti, possiamo trovare diversi festeggiamenti per l'anno nuovo. L'anno nuovo comincia quindi in periodi diversi tra i diversi popoli, a seconda del tipo di coltivazioni, e ha anche durate diverse.
A prescindere dalle varie forme che hanno assunto queste divisioni nei diversi popoli, l'elemento essenziale è che ovunque appare diffusa la concezione per cui il rinnovamento delle scorte alimentari coincide con una rigenerazione del tempo. 
E' come se il tempo, invece di proseguire come un fiume, ricominciasse da capo il suo corso (un cerchio, appunto). L'anno nuovo segna non solo la fine dell'anno passato e l'inizio di un altro, ma anche l'abolizione dell'anno passato e del tempo passato. Questo è il significato dei rituali di purificazione tipici dei festeggiamenti dell'anno nuovo. 
L'inizio del nuovo anno è un ritorno al tempo mitico primordiale, all'istante della creazione. Ogni nuovo anno è dunque un riavviarsi del tempo dall'inizio. 
L'uomo arcaico rifiuta dunque l'idea di tempo come storia, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Il tempo è storia quando è una successione di eventi irreversibili, imprevedibili, dotati di valore autonomo: quando può essere rappresentato da una linea retta con una direzione (verso) definita. 
Questa concezione rettilinea del tempo è dovuta alla prima religione monoteista, quella ebraica. 
La rivelazione di Dio ha luogo nel tempo come durata storica: Mosé riceve le leggi in un certo luogo, in una certa data. E' un evento storico non più reversibile, e ripetibile solo alla fine del tempo, quando i tempi saranno maturi. Da questo momento il tempo ha una direzione, da cerchio diventa retta (freccia). 
Nelle culture pagane il tempo veniva segnato dal ripetersi delle stagioni, immutabile e sempre uguale. Per l'Ebraismo, e poi per il Cristianesimo, il tempo è il luogo di un evento irripetibile, e il suo scorrere non è altro che un tendere alla meta del Regno di Dio. Il cerchio si spezza, e d'ora in poi il nuovo anno non annullerà più quello vecchio, ma sarà semplicemente un altro anno, che si aggiunge a quelli passati e precede quelli futuri.

La percezione del tempo come ciclo, come eterno ritorno dell'uguale, può permanere in qualche forma anche nella nostra cultura. Non sono mancati filosofi che hanno riproposto concezioni circolari del tempo (come Nietzsche), che hanno trovato poi espressione anche nella letteratura.

Misurare il tempo

 

I primi esseri umani erano creature relativamente fragili immerse in un mondo ostile. Le uniche certezze provenivano dai fenomeni astronomici: il sole sorgeva ogni giorno, la primavera si ripeteva dopo ogni inverno, la luna compiva ogni mese il suo misterioso ciclo, le costellazioni dipingevano il cielo notturno di figure note ed amichevoli. Per questo, fin dalla notte dei tempi, l’uomo ha posto gran cura ad osservare i fenomeni celesti e a ricavarne infallibili marcatempo per la sua vita.

 
Il sole scandisce i ritmi del tempo, da quelli stagionali a quelli diurni. La scoperta dell'ombra ha consentito le prime scansioni del tempo nell'arco della giornata. L'osservazione che l'ombra di un oggetto illuminato dal sole cambia di lunghezza e direzione durante il giorno deve aver suggerito fin dalla preistoria l'idea dello gnomone cioè di uno strumento in grado di indicare il tempo che scorre

 Nella meridiana è l'ombra dello gnomone che riproduce il percorso quotidiano del sole e introduce nella cultura umana e nella vita quotidiana il numero come rapporto con le trasformazioni periodiche del cielo.
Anche le fasi lunari sono contrassegnate dal progressivo avanzare dell'ombra della Terra, la misura più elementare dei cicli e delle stagioni e su cui si fondano i primi calendari.



Il calendario

Il calendario costituisce per l’uomo, a parte l'ovvio aspetto pratico, un modo di porre un argine al flusso del tempo che passa inesorabile, di stabilire tappe alla propria esistenza, di fissare ricorrenze al culto degli dei e dei morti; il calendario evoca il senso dell’eterno ritorno cosmico, presente in molte religioni, e connaturato (proprio a causa dell’osservazione dei cicli astronomici) con la mente umana.
 L’enorme rilevanza del fenomeno costituito dall’alternarsi di notte e giorno ha fatto sì che ogni civiltà apparsa sul nostro pianeta abbia posto alla base del proprio calendario il giorno. Questa parola deriva dal latino (tempus) diurnum, cioè "(tempo) che appartiene alla luce".


.Calendario celtico rinvenuto a Coligny (Francia)





Links

http://www.ilgiardinodeipensieri.com/analicas/gasperotti-1.htm
http://www.vitriol.it/conv-Gross97/CHRONOSA.htm
http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/000211b.htm
http://membres.lycos.fr/sdemon/origine.html
http://www.apan.it/conferenze/calendario/il_calendario.htm




Una meridiana naturale

 

Anche il ritorno delle stagioni è così importante da entrare nel calendario (l’anno tropico): la parola anno deriva dalla radice indoeuropea AT, che ha il significato di "ruotare".

Un altro ciclo, ancor più facile da osservare del volgere delle stagioni (perché più breve e caratterizzato da fenomeni più marcati), è quello della luna, che in ventinove giorni e mezzo si ripresenta con le stesse, immutabili fasi. Questo ciclo (detto sinodico) ha dato origine ai mesi. La parola mese deriva dalla radice indoeuropea ME, che ha il significato di "misurare".

Purtroppo però  in un anno tropico c’è un numero non intero di giorni e di mesi sinodici, e neppure questi ultimi sono costituiti da un numero intero di giorni: ciò ha costituito per le civiltà antiche un grosso problema per arrivare a definire un calendario abbastanza stabile nel lungo periodo


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Nota sull'ipertesto

Queste pagine sono la conclusione e il risultato di una tappa nell'attività didattica svolta nella classe I F di questo Liceo A.S. 2001/2002, nell'ambito di un progetto finalizzato a introdurre i linguaggi multimediali e le nuove tecnologie come arricchimento dell'offerta formativa. 
Il  progetto si articola sia nel biennio sia nel triennio, naturalmente con diverse connotazioni. 
Lo scopo di questo lavoro non è certamente quello di presentare  contenuti e conoscenze originali sul tema della misura del tempo, quanto  piuttosto quello di utilizzare alcuni strumenti che la I.T. ci mette a disposizione per apprendere a sistemare e quindi a comunicare in modo efficace delle conoscenze. Tutto il materiale è stato reperito nella rete e per ogni argomento vengono segnalati i collegamenti alle pagine "web" da cui proviene e i cui autori, il più delle volte sconosciuti, si  ringraziano.
L'argomento, del resto, è strettamente connesso con i temi dell'apprendimento della storia affrontati dagli allievi in questo primo anno di Liceo ed è suscettibile di integrazione negli anni successivi. 

Gli allievi della classe I F che hanno seguito il corso sui linguaggi multimediali sono:

Mirco Aldrovandi, Chiara Biancardi, Claudia Cordioli, Giorgia Cordioli, Silvia De Bortoli, Laura Fantinato, Francesco Favretto, Stella Franchini, Fabio Gatta, Chiara Giacomelli, Anna Lagni, Sara Mazzi, Silvia Modesti, Davide Raja, Mounia Sabbar, Francesca Sandri, Francesco Turrina, Alessandra Venturelli.

Livio Balasso      
docente del corso 

p.s.: nell'introduzione sono state usate alcune immagini  di  Yasuto Suga (http://www.rayoflight.net/), web designer  giapponese, autore di famosi siti, tra cui quello della nota cantante italiana Mina.

 

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